Un enorme drago, realizzato dallo scenografo-scultore Gigi Giovanazzi, accoglie i visitatori nella prima sala della spettacolare mostra estiva “Sangue di drago, Squame di serpente”, ospitata fino al 6 gennaio 2014 al Castello del Buon Consiglio di Trento (Catalogo Skira). La rassegna, organizzata in collaborazione con il Museo Nazionale Svizzero, permette a coloro che attraversano le magnifiche sale del Castello del Buonconsiglio di scoprire e conoscere attraverso affreschi, dipinti, sculture, arazzi e preziosi oggetti d’arte un mondo fatto di unicorni, draghi, centauri, grifoni, basilischi, sfingi, serpenti e animali fantastici e inconsueti che ricorrono costantemente nella mitologia e anche nell’iconografia castellana. Colpiscono infatti i numerosi animali raffiguranti negli affreschi che decorano il castello del Buonconsiglio eseguiti da Dosso Dossi nella Stua della Famea con le favole di Fedro, o la dama con unicorno, la scimmia, il serpente che morde l’invidia dipinte da Girolamo Romano o ancora il bestiario realizzato dal maestro Venceslao nel celebre ciclo dei Mesi in Torre Aquila o il prezioso erbario medioevale conservato in castello.
L’esposizione è articolata in due grossi blocchi. Nel primo sono presentati cronologicamente, all’interno di ciascuna epoca, temi e problematiche specifiche legati agli animali, reali o fantastici che siano.
Si trova così una sala dedicata all’antichità, in cui si sviluppa il tema della dominazione e del rapporto ambivalente tra uomo e animale; seguono una sala dedicata ai bestiari medioevali dove si ammira uno splendido arazzo rappresentante Maria nell’atto di toccare l’unicorno, simbolo dell’incarnazione di Cristo e dove compaiono in un giardino rigoglioso una molteplicità di animali caricati di evidenti significati cristologici.
Il percorso prosegue con una sezione dedicata alle carte e ai globi del primo Rinascimento, che collocano razze mostruose in uno spazio liminale, ai confini del mondo. Opere del Rinascimento e del barocco illustrano parimenti le fatiche di Ercole, l’eroe greco civilizzatore che sconfigge animali mostruosi e riporta un nuovo ordine nel mondo e le metamorfosi di Ovidio, in cui protagonisti sono da un lato animali umanizzati e dall’altro uomini e dei che diventano animali a riprova di come fluttuanti siano i confini tra l’una e l’altra specie. Trova così posto in questa sezione una tela che racconta la storia di Leda e Zeus. Il padre degli dei, sotto sembianze di cigno seduce la bella Leda. La tela, di cui è autore Jacopo Robusti, meglio noto come Tintoretto, maestro del Manierismo italiano, non narra soltanto della trasformazione del dio in animale, ma anche della proiezione della sessualità dell’umano sugli animali. L’unione uomo-dio in forma di animale è considerata empia, ed Elena, che ne è il frutto, se è da un lato la donna più bella che l’antichità abbia mai conosciuto, dall’altro porta in sé qualcosa di mostruoso, di bestiale e di impuro: non è un caso che sia la causa scatenante della guerra di Troia, lo scontro più terribile mai avvenuto. Seguono nove sezioni, ciascuna delle quali è dedicata ad un animale reale e all’animale fantastico ad esso legato. Sono così affiancati draghi e serpenti, aquile e grifoni o leoni e sfingi. Nei tentativi volti a provare la loro ipotesi metodologica, gli etnologi fedeli della teoria «diffusionistica» e interessati quindi alla migrazione dei simboli non sempre hanno prestato sufficiente attenzione a civiltà e periodi storici determinanti durante i quali la trasmissione dei riti, simboli e idee risulta adeguatamente documentata. Prendiamo, ad esempio, in esame l’aquila, come animale rapace grande e maestoso con apertura alare, d’imponenza impressionante, becco minaccioso e artigli acuminati, è accostata da secoli al potere, divino e terreno, da parte di numerose popolazioni. Proprio per questo suo significato universale diffuso, entra in competizione diretta con il leone. Se questo è in assoluto il re degli animali, l’aquila può rivendicare, incontestata, il titolo di regina degli uccelli o dell’aria.
Tra gli animali mitologici il più rappresentato è il “Drago”. L’immagine generica del drago come essere serpentiforme di grandi dimensioni, spesso alato, è dominante nel pensiero dal Medioevo al XVIII secolo. Ciò non significa che nella tradizione occidentale e nel Vicino Oriente i draghi non siano caratterizzati da una vastissima eterogeneità di aspetto. Tale variabilità si contrappone alla tradizione cinese in cui il drago è attestato nella sua forma tipica fin dai tempi più antichi e presenta solo minime modificazioni nel corso dei millenni. Il drago riveste di conseguenza un ruolo completamente diverso in questi due grandi ambienti culturali. Mentre in Occidente è l’avversario da vincere, ed è dunque connotato negativamente, nella tradizione cinese, almeno nei contesti mitico-religiosi, è visto come esempio positivo.
Nel nostro Medioevo deve essere considerato un elemento di novità l’esegesi biblica, che esercita un’azione normativa tanto sulla letteratura quanto sulle arti figurative. Il secondo elemento importante è l’identificazione di Satana con il drago nell’Apocalisse di san Giovanni. Il collegamento generalizzato del drago con forme demoniache operato dagli esegeti, proprio in connessione con l’Apocalisse, è dominante per tutto il Medioevo e oltre e si ripercuote tanto nell’iconografia cristiana, quanto nella letteratura, dove il drago è considerato l’avversario di Dio per eccellenza.
Maria Paola Forlani