Il lungo viaggio fra terra e mare lo aveva allontanato dalla macchina della dialisi che lo mantiene in vita. Aveva superato ogni limite. I controlli rivelarono che la causa del male era ben più grave di quel che si potesse presumere dalle sue condizioni: un tumore terminale. Nessuno vuole stravolgere la sua giovane tranquillità con la notizia di quella desolante condanna. «Piano piano», dice qualcuno. E così si comincia, a girare intorno. Il discorso va avanti ma lui non si sconvolge. «Potrebbe essere qualcosa di grave». La sua risposta secca: «Lo so». Pensando a problemi di lingua si insiste: «Potrebbe essere molto grave». Adesso fulmineo: «Lo so. Ho un carcinoma.»
L’impasse durò molto. L’agghiacciante silenzio lo ruppe lui stesso offrendo dettagli. Rimasero tutti sconvolti. Cosa era venuto a fare, in quelle condizioni? Vedere un mondo diverso prima di morire? C’era tanta curiosità quanto cordoglio nei suoi confronti.
«Hai lasciato famiglia in Nigeria?». «Sì, una cinquantina!», risponde come se fosse niente. Come è possibile? «Chi sono?». Così comincia un’interminabile lista dove, diversamente dal nostro concetto di famiglia, ci sono parenti, amici, vicini, adottati. Perfino il più vecchio e la più vecchia del villaggio, che appartengono a loro volta a tutte le famiglie di quel posto di povertà con 200 anime. Per loro, la famiglia va oltre la consanguineità e la casa non è altro che l’intero villaggio. Sono stati loro quelli che si sono messi assieme affinché lui avesse potuto studiare e lavorare in città. Lui ha fatto di più: far conoscere che là da dove arriva non ci sono soltanto selvaggi.
Come mai non è ritornato a riposarsi per sempre nel villaggio al quale tiene tanto? Sempre tranquillo: «Vengo a cercare uno del mio villaggio. Non si è comportato molto bene ed è scappato. Dopo è venuto in Italia. Lo devo riportare a casa».
Un’altra sorpresa ci attende: colui che cercava era emigrato da molto tempo e da molto era anche morto. Allora, era venuto a riportare i suoi resti? «Sono stato scelto per ritrovare il suo spirito e riportarlo a casa. Ci aspettano», spiegò lui. Scelto forse perché istruito, perché gli sarebbe stato più facile convincerlo. Lontano da noi, si era imbarcato nella sofferente traversata per morire in Italia, così il suo spirito avrebbe trovato quello del parente del suo villaggio!
Assurdo!
Chissà se c’è riuscito. Chissà se sono tornati mano nella mano. Chissà se in qualche sperduto villaggio stanno festeggiando. Là dove la sorte di uno è di tutti, dove non si dimentica nessuno e dove regnano la concordia e il perdono. Là dove, in vita e anche nella morte, ancora ci si abbraccia!