È arrivata l’estate e finalmente pure noi milanesi, rimanendo fuori la sera, qualche volta proviamo la strana ebbrezza di guardare il cielo.
Al che, fissandolo pure io, mi è nato il desiderio di raccontare quello che accadde il 13 giugno 1933.
Nei giorni successivi, sui giornali di Milano, si lesse una segnalazione dell’Osservatorio Astronomico di Brera secondo cui una meteora era apparsa nel cielo della città. Una notizia di una certa rilevanza ma che, vista la scarsa risonanza datale, non suscitò particolare interesse nella maggioranza dei nostri concittadini d’antan, tutti presi a laurà. I quali, senza volerlo, con la loro sostanziale indifferenza stavano assecondando le intenzioni del regime, che in realtà stava coprendo un fatto assolutamente eclatante, al punto che l’unica agenzia di stampa abilitata a diffondere le notizie, la Stefani, nel pomeriggio del 13 si era vista giungere un telegramma del duce in persona che ordinava di mantenere un silenzio assoluto sull’avvenimento e obbligava i quotidiani a distruggere ogni piombo già creato a riguardo, pena il deferimento al Tribunale per la Sicurezza dello Stato.
Certo, il silenzio a quei tempi era d’oro (tanto che durante la guerra apparvero manifesti con scritto: “Taci, il nemico ti ascolta…”), ma su che cosa, di preciso?
Sull’atterraggio o sulla caduta di un “aeromobile sconosciuto” all’interno del territorio nazionale, forse tra Varese e Milano.
Sì, uno di quelli che poi si sarebbe chiamato UFO, era probabilmente passato sopra le teste dei milanesi la mattina del 13 giugno 1933. E possiamo immaginare la fibrillazione dei giornali, il loro desiderio di pubblicare le testimonianze che verosimilmente arrivarono alle loro sedi. Ma di fronte al suo nome, tutti chinarono la testa e citarono la meteora...
Se noi, adesso, possiamo parlare di questa storia è per merito di un signore che sostiene di avere ricevuto tutto il fascicolo a cui si fa riferimento da qualcuno vicino al Gabinetto Ricerche Speciali/33, un organismo deputato a studiare avvenimenti inspiegabili e composto da alcuni importanti studiosi. E a sfogliare i documenti, tra l’altro leggibili in rete se si desiderasse approfondire, si scopre che già nel maggio precedente si erano riscontrate delle strane presenze nei cieli italiani. Quella del 13 giugno, però, era clamorosa, e a confermarla esistono ben tre telegrammi, uno dei quali avvisava con precisione di un aeromobile non identificabile che aveva lasciato la Svizzera e si stava dirigendo verso la pianura padana.
Da qui, la totale omertà richiesta e ottenuta sulla questione. Anche perché, presumibilmente, se ne occupò anche la Ovra, la polizia segreta fascista, che seguendo alla lettera le indicazioni provenienti dall’alto sarà intervenuta con i suoi metodi convincenti per dissuadere i testimoni dell’avvistamento della sfera di luce a parlarne, obbligandoli a cambiare versione. Procedendo, nei mesi successivi, a spostare alcuni prefetti della zona, venuti a conoscenza della spinosa faccenda.
Tuttavia se allora risultava facile ottenere il mutismo delle persone, restava però il corpo del reato: dove finì?
Secondo le ipotesi più realistiche, il possibile disco volante venne trasferito nei capannoni della Siai Marchetti di Vergiate o a Sesto Calende, luoghi sicuri in quanto sotto la giurisdizione di Italo Balbo, tra l’altro membro del Gabinetto RS/33. Ma di certo non si sa nulla, tranne che lo studio di un eventuale UFO era considerato importantissimo per l’utilizzo militare che si poteva ricavare da una tecnologia sconosciuta, al punto che tutte le grandi potenze avevano previsto delle particolari strutture a riguardo.
Restando nel campo dei fatti, si può segnalare che la Siai-Marchetti non venne mai bombardata ma che i suoi capannoni andarono distrutti da un incendio prima dell’arrivo degli alleati. E che l’Air Force insediò le proprie attività proprio in quegli stabilimenti, rimanendovi per tutti gli anni ’40 e ’50.
Quello che accadde veramente, in conclusione, forse lo sappiamo ma sarà impossibile da verificare. Ragione in più per osservarlo, in questi giorni, il nostro cielo milanese. Chi sa mai che ci possa riservare ancora qualche sorpresa.
Saludi