Alcune settimane fa abbiamo guardato alla Svizzera, che con referendum popolare sanciva l'istituzione per legge di un tetto allo stipendio dei manager, con un misto di invidia e realismo. Sarebbe stata una misura utile anche da noi, si è detto, ma l'appartenenza all'Unione Europea ci impedisce di imporre tale vincolo al libero mercato del lavoro.
In questi giorni il Governo Letta discuterà se prorogare per il 2014 il blocco agli stipendi del pubblico impiego: è l'occasione per seguire l'esempio elvetico. Attualmente esiste già un massimale alle retribuzioni nella pubblica amministrazione, di poco superiore ai trecentomila Euro. Pochi sono i manager statali che raggiungono tale cifra, tuttavia il divario retributivo tra il personale non dirigente, circa mille euro al mese, e quello con funzioni direttive, minimo tre volte tanto, è notevole. Visto che su questa materia lo Stato ha piena competenza, piuttosto che continuare a bloccare indiscriminatamente tutti i livelli retributivi, in forza del principio di progressività si potrebbe invece prevedere un taglio alle ricche buste paga dei (tanti) dirigenti assunti con contratti sia stabili che a termine, concedendo alle fasce più basse la normale rivalutazione di legge.
Questa decisione sarebbe in linea con quanto promesso in materia di equità sociale dai partiti attualmente coalizzati nella larga intesa, permettendo ad un buon numero di famiglie di nutrire più rosee aspettative sulla loro capacità di consumo.
Marco Lombardi