Regina mi ha insegnato tutto, mi ha insegnato a vivere.
Prima la danza, costringendomi a contorcere le ossa come fossero di gomma, a far sussultare la pancia come fosse piena di serpentelli, a far volare i capelli come fossero vivi e pieni di ali, ruotando la testa e sollevando le mani come a voler acchiappare la luna.
Regina mi ha insegnato tutto alla luce della luna.
Mi ha insegnato a battere le nacchere e a muovermi in punta di piedi, mi ha insegnato le canzoni che la mia gente sempre canta sotto la luna, le fasi lunari propizie per la nascita dei bambini.
Regina mi ha raccolto quando sono caduta dalla luna.
Mi racconta di quella notte. Lei non dormiva e guardava la luna. Poi la luna ha cominciato a correre nel cielo e lei le è andata dietro. E quando la luna si è fermata, io sono discesa da un suo raggio e lei mi ha raccolto.
Qui nel nostro accampamento la chiamano Mammana. La regina delle mammane. E ridono, quando raccontano di quanti bambini ha portato Regina nel campo, seguendo di notte la luna.
Regina mi ha insegnato a predire il futuro. A fare le fatture e a scioglierle. A leggere la mano e le carte e i segni del destino fra la cenere.
Sono cresciuta attaccata al suo collo, mentre lei andava in giro a mendicare e a spaventare la gente che non voleva darle nulla, minacciando di dar fuoco alla loro casa. Sono cresciuta fra le sue collane infuocate di corallo rosso e di oro e il suo odore pungente.
Regina mi ha insegnato ad allungare la mano per chiedere soldi e per rubarne. Mi ha insegnato a introdurmi nelle case per portare via tutto ciò che potevo infilare tra le vesti. Mi ha insegnato a mentire, a sputare per terra, a lanciare maledizioni, a implorare.
Regina mi ha insegnato a non piangere.
La mattina esco presto e vado al mio solito posto, al semaforo vicino alla stazione. Tendo la mano e offro la fortuna.
La fortuna è tutto, mi ha insegnato Regina. Tutto accade per buona o cattiva sorte. E tutto sta scritto sul palmo della mano, nella linea della testa e del cuore.
Quando l’uomo senza sorriso mi ha guardato, al semaforo, ho sentito il suo freddo. Si è fatto leggere la mano e ho visto che la sua vita era già spezzata, trattenuta solo da un soffio gelato che non la faceva sgorgare via.
– Che cosa vedi per me, zingarella, amore e felicità? – ha detto insolente, e dopo avermi lanciato una moneta è ripartito sgommando, senza ascoltare le mie parole.
Pochi minuti ed è tornato indietro, come avevo previsto. Cercava me, ma io ho fatto in tempo a voltargli le spalle: non si guarda mai in faccia chi ha il destino segnato, mi ha insegnato Regina.
– Che cosa vedi nel mio futuro? – lui mi ha urlato, con una smorfia che sembrava un sorriso.
Regina mi ha insegnato a riconoscere la paura, negli occhi di chi non sa d’averne.
Poi l’uomo è sceso dalla macchina, mi ha afferrato e fatta voltare dalla sua parte e mi ha teso la mano, ferma e arrogante. – Dimmi solo se lei mi sta aspettando, – mi ha ordinato.
Sì, Lei lo stava aspettando. Oltre la prima curva. E lo avrebbe abbracciato per non lasciarlo più.
Regina mi ha insegnato ad addolcire i cattivi presagi, quando non si possono mutare. Non potevo interferire nelle linee che segnavano il destino di quell’uomo, ma potevo dargli il bagliore di un’ultima, brevissima illusione. E con la sua mano tra le mie iniziai a fare i miei potenti scongiuri, ma lui mi spinse in mezzo alla strada, risalì in macchina e partì a tutta velocità per la direzione sbagliata. E mi passò sopra con tutta la sua disgrazia, andando incontro a Lei, la Morte che lo aspettava.
Regina non mi ha insegnato a morire. Non è poi così difficile, l’ho imparato da sola.