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In libreria/ Alberto Figliolia. “Nessuno sa quando il lupo sbrana” di Maddalena Capalbi
19 Ottobre 2012
 

Nessuno sa quando il lupo sbrana. Un titolo inquietante nel suo apodittico, paradigmatico e più recondito senso. E poi chi è il lupo? Homo homini lupus? Un viaggio nella memoria, nelle interiora dell'anima è l'ultimo libro di Maddalena Capalbi, poetessa romana da lunghi anni a Milano, che alterna con valentia poesie in romanesco a versi in lingua e sempre capace di opere poetiche dense, forti, coraggiose.

Nessuno sa quando il lupo sbrana è un libro oltremodo spiazzante, un itinerario fra le nebbie del ricordo, fra gli esiti di una vita, con le sue impossibilità e impassibilità, un luogo dove si disegnano i nostri fantasmi che dall'indefinibilità prendono corpo lungo la strada: sfuggenti e, nel contempo, implacabilmente precisi.

Non è un volume che si legge a cuor leggero. Sedimentano a lungo la parole: rasoiate, straziante velluto. «Raggiungiamo il bar di Maria/ lasciando alle spalle la casa/ littoria, era il 1954.// L'euforia di indossare il vestito/ di tulle e il cappellino rosa,/ tutto al rallentatore nel ricordo/ di una giornata pulita» (Il cappellino rosa): è l'incipit, in apparenza un clima sereno. O prodromico all'ineffabile rosario dei giorni, con il suo carico di incomprensione e il dolore della crescita? Non spreca parole Maddalena Capalbi. Il crescendo è potente, quasi allucinatorio come solo la realtà sa essere: «Guardo dal buco della serratura/ – la sera – le spalle di mia madre sono/ circondate dalle braccia/ di lui in canottiera/ ora si aggira nella stanza/ con la sigaretta in bocca». Un quadro iperrealista, si direbbe, non solo uno status sentimentale.

Da Femminilità rubata... «Il corpo allora diventa elettrico/ perché spiato,/ penetrato dal sorriso che svela,/ non ci credo./ Inizia così la gara degli estremi/ per non avere rivali,/ inizio a rubare femminilità/ ma sono ancora a mezzo servizio.// Non mi basta toccare il seno/ di mia madre,/ voglio fare male/ strappare le lettere che/ lì/ nasconde/ mentre la guardo negli occhi.// Conosco il segreto che nessuno deve sapere».

«Non siamo in presenza di una lirica monologica» scrive nella prefazione Anna Maria Carpi «bensì dentro un serrato dialogo di un soggetto femminile con il suo ben visibile contorno famigliare, di una bambina-adolescente-giovane donna ora sottomessa ora ribelle, ed è alla ribelle che si deve quest'eruzione poetica che conosce tanto la dolcezza dei moti di pietà quanto i tormenti della sete di vendetta». Nessuno sa quando il lupo sbrana: forse è una verità non così terribile, nel senso che fa parte del destino naturale, quello che a ogni creatura tocca nella propria parabola. Prima o poi.

Eppure c'è anche pacificazione, come quando... «D'estate/ a mio padre/ piace vestire di bianco,/ è bello moro/ gli occhi nero carbone,/ si ammira e rimira/ e vuole ballare/ con me il valzer,/ è un figurino quando/ m'invita,/ fischia Strauss/ e insegna i passi:// qualche volta quando/ sono triste/ mi stringe l'indice e il medio». Struggente quest'ultima immagine.

E riprende il dolore della crescita, mutano ruoli e figure non l'archetipo, ambiguo è il cordone che ci lega al mondo, le pulsioni non hanno tempo o del tempo costituiscono il segreto... «Avrò un figlio:/ è un'eredità impegnativa/ e trasportare il corpo/ è una fatica,// il mio è un mestiere.// Che piaccia o no parlo d'amore/ quando posso,/ come madre sono al sicuro/ nel silenzioso fragore dell'origine.// Per non sentirmi vinta/ massaggio la pancia con olio di mandorle».

Come può essere levigato il dramma e quanto la consapevolezza può essere devastante... ma può salvarci un gesto di lieve e semplice tenerezza... «massaggio la pancia/ con olio di mandorle». O, anche, la salvezza e il senso dimorano nelle stupende astrazioni, quali... «i giovani come falchi/ azzardano il volo in un cielo/ che ancora concede/ forse».

 

Alberto Figliolia

 

 

Maddalena Capalbi, Nessuno sa quando il lupo sbrana

La Vita Felice, 2011, pagg. 72, € 12,00


 
 
 
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