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Maria Lanciotti in un Campo di grano 
Recensione inedita del poeta Renzo Nanni (1921 – 2004)
30 Giugno 2012
 

Un libro per tutti, questo Campo di grano (Anni Nuovi 2003).* Mi limiterò – ahi le rapide scorse nello spazio sempre troppo avaro di un giornale! – ad elencare semplicemente alcuni momenti di quelle tappe che, nello scorrere della vita dell’autrice, ci possono essere comuni. C’è un grande spazio dato ai giochi, tutti i nostri giochi dell’infanzia, con i loro segreti e i loro trucchi. C’è la casa sempre in costruzione dove piove dal soffitto e la mamma mette una pentola sotto ogni goccia, tanto da non saper poi dove cucinare. C’è il pellegrinaggio al santuario del Divino Amore con le donne che per penitenza strisciano sulle ginocchia (chissà che colpe dovranno scontare?). C’è il cinema detto il pidocchietto così come ce n’è stato almeno uno nell’infanzia di quanti sono nati e cresciuti in una periferia negli anni d’oro del cinema. Anch’io ricordo sale simili, stipate alla domenica di bambini che si accapigliano, saltano e sputano le bucce dei bruscolini. Si ride con Totò, si lagrima con Amedeo Nazzari. Il primo giorno di scuola, dalle Suore, la noiosa scuola dei bastoncelli, ossessivi bastoncelli da mettere ritti e precisi sui quadrucci, un lavoro che fa rimpiangere alla piccola Maria i prati e le corse. Pranzi speciali nelle feste grandi, alla sera rosario e castagne, cocomero affettato all’aperto nelle sere d’estate. E così via, dimensionando le cose in modi sempre nuovi (ricordate il fanciullino di Pascoli?). La storia intanto trasforma tutto, arriva sempre nuova gente nella borgata in crescita, arriva da tante diverse regioni d’Italia e così si mescolano, si innestano tra di loro le parlate, i dialetti, i gerghi più vari. L’Anno Santo del ’50, la Prima Comunione, il Primo Maggio, col vicino comunista alquanto prepotente, Natale con la tombolata, l’inverno coi geloni. E a metà libro tante fotografie – una sessantina – che si integrano al testo talora con certe diciture (i due adolescenti sono, per esempio, titolati Un sentimento rimasto sempre giovane, oppure Papà tornava dalla cava in bicicletta – ...tornava, come a sottolineare la continuità di una presenza nella memoria). Ci sono case e villini della città-giardino – così nasce Ciampino – distrutti dai bombardamenti. E ci sono I ricordi di Augusto, fratello maggiore di Maria, che racconta la guerra così come l’ha vissuta, lui, bambino di dieci anni, coi bombardamenti degli Alleati alla periferia di Roma, le fughe per grotte, i cadaveri estratti dalle macerie, cannolicchi raschiati dal fondo di una marmitta tedesca, memorie di crudeltà ed anche di gesti pietosi, aerei nel buio, frecciate di sirene che allarmavano ancora e poi, nel dopoguerra, il tocco finale della… provvidenziale raccolta del ferro; sempre uno scorrere di vecchie e nuove fatiche, piaghe nelle mani e rabbia in corpo.

Ci sono le vacanze estive passate da Maria a Subiaco, dagli zii, la poesia di una vecchia casa tra i fossi, la poesia della vita, pur faticosissima, di campagna, correndo a dorso di ciuco, nell’alternarsi di momenti anche belli e goderecci, di contro a certe sere nere e tetre.

E poi la scoperta di una cittadina favolosa, Frascati e le sue ville, i boschi fioriti, il magico Tuscolo. È il 1953, Scuola di Avviamento Commerciale ‘Nazario Sauro’: ecco arrivare l’odore dei giorni più belli della mia vita, l’odore delle scarpe da ginnastica, del cornetto alla crema, del foglio protocollo, del legno dei banchi macchiati d’inchiostro, dei miei undici anni appena compiuti… Maria viene a scuola a Frascati col treno, insieme a tanti altri ragazzi di Ciampino, gli eroici studenti pendolari prima dell’invasione dei motori.

E c’è alfine una Conclusione provvisoria: Ogni uomo è testimone e custode del suo tempo. Che lungo cammino, quello umano…

Un libro, quello che Maria Lanciotti ci consegna, che forse è al vertice di quanto ha finora scritto in poesia e in prosa. Una prosa che è poesia: ma insomma, perché fare distinzioni che spesso reggono solo per convenzioni tradizionali, là dove invece aneddoti e fraseggio si fanno di continuo poesia? Spesso poesia purissima: …stesa sul prato chiazzato d’unto della vecchia ferrovia penso che le nuvole che mi camminano sulla testa non sanno niente di quello che succede quaggiù, stanno troppo in alto. Ma una faccia rosa e allegra mi dice che non è così, quello che succede quaggiù da lassù si vede bene. È una nuvola leggera leggera che prende tante forme; adesso non è più una faccia, è una barchetta. Il sole ci sale sopra e mi sorride.

 

Renzo Nanni, aprile 2004

 

 

* Riveduti dall'Autrice, brani del libro trovano ora nuova pubblicazione in Tellus 31-32, “L'Almanaccone 2012” (Labos Editrice, Morbegno 2011, pagg. 250), con il titolo “Vacanze in campagna”.


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