Sul tavolo della manovra ci devono finire anche queste spese. Ecco dieci ottime ragioni per farlo. Per questo il 25 settembre marciamo da Perugia ad Assisi.
Non è un discorso ideologico ma decisamente pragmatico. Non è un problema di coscienza ma di utilità pubblica. È venuto il tempo di tagliare e rivedere completamente la nostra spesa militare. È giusto continuare a spendere in questo modo 24 miliardi di euro all'anno? Ce lo possiamo permettere? È questo il modo migliore per garantire la nostra sicurezza? Oppure ce ne sono altri?
La prima domanda che sorge spontanea è: possiamo permetterci di ignorare ancora il problema? La risposta è no: non c'è un solo capitolo del bilancio dello stato che può passare indenne da una seria revisione pubblica. Tanto più quando si continua a chiedere agli italiani di stringere la cinghia e la discussione sui tagli assomiglia a una guerra balcanica.
Secondo. 24 miliardi sono una somma enorme e ogni tentativo di censurare o stroncare sul nascere anche solo la discussione su questi soldi non è solo attentato non alla democrazia ma un ostacolo insormontabile posto sulla via di uscita dalla crisi. Le spese militari devono dunque essere messe sul tavolo della discussione alla pari di tutte le altre spese dello stato. È accaduto negli Stati Uniti, in Gran Bretagna, Francia e Germania. Perché non deve succedere in Italia?
Terzo. La sicurezza è un bene pubblico che deve essere garantito dalle risorse del bilancio dello stato alla pari della salute, dell'istruzione, della giustizia, ecc. Ma così come non c'è un solo modo di garantire la salute, l'istruzione e la giustizia così non c'è un solo modo di garantire la sicurezza dell'Italia e degli italiani. Anzi è la stessa concezione di sicurezza che oggi dimostra tutta la sua profonda incapacità di rispondere ai bisogni reali della gente e del paese.
Quarto. Niente è più inutile di una portaerei, un sommergibile o un cacciabombardiere per proteggere i cittadini dalle mafie e dalla criminalità organizzata, dal terrorismo e dalla malavita, dall'illegalità, dalla corruzione e dalla disoccupazione, dall'inquinamento o dalla sofisticazione alimentare. Eppure continuiamo a comperare costosissimi sistemi d'arma e lasciamo i poliziotti senza auto e benzina.
Quinto. Le nostre spese per la sicurezza sono fortemente squilibrate a favore di un modello militare anacronistico, insostenibile e inutilmente offensivo mentre i problemi della sicurezza oggi esigono una pluralità di strumenti in prevalenza preventivi e non militari. Il minimo che bisogna fare è riequilibrare in modo intelligente la spesa per la sicurezza ricordandoci che investire sulla cooperazione, sulla diplomazia (anche popolare) e sull'intelligence è molto più efficace e redditizio che continuare a costruire costosissime macchine da guerra e mantenere in vita un mastodontico esercito di 180.000 uomini.
Sesto. È dunque possibile tagliare le spese militari e aumentare la sicurezza degli italiani, dell'Europa e del resto dell'umanità. È possibile aumentare la sicurezza tagliando le spese militari e aumentando quelle civili.
Settimo. Ci sono tagli che si possono fare subito e altri che debbono essere pianificati. Ragionevolmente si può partire dalla cancellazione del programma di acquisto dei 131 cacciabombardieri F-35 (costo complessivo di venti miliardi di euro) e dalla completa revisione di tutti i 71 programmi di ammodernamento e riconfigurazione di sistemi d'arma che ipotecano la nostra spesa militare fino al 2026.
Ottavo. Da rivedere immediatamente sono anche le missioni militari nel mondo e in particolare quella in corso in Afghanistan e in Libia. Per alcuni sono “uno dei fiori all'occhiello della politica estera italiana” che non ci possiamo permettere di toccare pena il nostro declassamento internazionale. Per altri sono solo guerre vietate dalla nostra costituzione incapaci peraltro di risolvere i problemi che pretendono di affrontare. Smettere di fare la guerra ci aiuterà a risanare il debito pubblico meglio di qualunque altro taglio alla scuola, agli enti locali o alle pensioni.
Nove. Procedendo su questa strada dobbiamo ricordare che il mondo è sovrarmato e sovraffamato. L'anno scorso la spesa militare mondiale ha raggiunto la cifra record di 1.630 miliardi di dollari. Intanto il numero di persone che soffre le pene della fame ha superato il miliardo. Una persona su sei che vive sulla terra è in questa condizione disperata e altre due vivono in condizioni di povertà. E pensare che con 44 miliardi di dollari si potrebbe sfamare il mondo intero. Il paradosso è che questo accade nel mezzo di una gravissima crisi economica mondiale mentre si riducono tutti i fondi per rispondere a tutte le emergenze e le crisi strutturali globali, carestie, fame, miseria, cambio climatico, pandemie. È evidente che anche l'Italia deve contribuire a cambiare strada.
Dieci. Contro la sola ipotesi di revisione della spesa militare si batte da tempo una potente lobby trasversale politico-militare-industriale povera di idee e ricca di complicità mediatiche. Per convincere i parlamentari a tagliare e rivedere seriamente le spese militari si dovranno mobilitare molte, moltissime persone, in ogni città e in ogni collegio elettorale. Anche per questo invitiamo tutti a marciare domenica 25 settembre da Perugia ad Assisi. Se vogliamo che le cose cambino dobbiamo prendere la parola in tanti e alzare la voce insieme.
Flavio Lotti
Coordinatore nazionale della Tavola della pace
Perugia, 31 agosto 2011