Il Twitter di Yoani Sánchez è la fonte più attendibile di notizie per quel che accade a Cuba. Sappiamo dalle note digitate in fretta dalla blogger e nei limiti dei pochi caratteri consentiti che il 18 agosto Laura Pollan e le Dame in Bianco sono state aggredite da agenti della Sicurezza di Stato. Yoani è molto dura, per una volta cambia il suo stile e sfoga tutta la sua rabbia contro la repressione.
«Per fortuna ho il mio Twitter. Quando il telefono mobile è carico posso aprire il mio vaso di Pandora. Dimenticare non è positivo per i popoli, ma non lo è neppure ricordare qualcosa per sempre. Vi immaginate quando il mio curioso nipote mi domanderà: “Come si chiamavano, nonna? Fastro, Gastro, Tastro?”. E io risponderò sollevata: “No ragazzo, si chiamavano Castro”. Penso proprio che riuscirò a sopravvivere a questi dinosauri, ma se non ce la farò io toccherà ai miei nipoti. Nessuno mi porterà via definitivamente da Cuba, perché questo è anche il mio paese, anche se chi comanda non gradisce questa cosa. Voglio restare qui per vedere il cambiamento, per assistere alla fine del loro potere. Verrà il giorno in cui potremo indignarci pubblicamente contro il solo Partito consentito, contro il Presidente eletto per via ereditaria? Come sarebbe Cuba senza atti di ripudio, senza penalizzazione del dissenso, senza polizia politica? Un sogno! Un giorno avremo qualcosa di simile? Sono ossessionata dal futuro, soltanto ciò che potranno ottenere i cubani del 2025 mi mantiene viva».
Yoani tratta l’argomento repressione nei confronti delle Dame in Bianco che sfilavano pacificamente per calle Neptuno.
«Una truppa organizzata si è scagliata contro le Dame in Bianco che sfilavano pacificamente. Gridavano parole volgari, attacchi razzisti, oscenità. Non bastano più le parole d’ordine rivoluzionarie? Laura Pollan, che guida le Dame in Bianco, ha chiesto al cardinal Jaime Ortega di intercedere presso il Papa e presso il governo cubano per far cessare la violenza. Si è trattato di un vero e proprio festino dell’intolleranza in calle Neptuno, contro le Dame in Bianco, che hanno riportato danni fisici e morali dopo un meeting di ripudio organizzato in grande stile dalla Sicurezza di Stato. La mia unica arma per denunciare gli abusi del governo è Twitter. La repressione cresce, l’intolleranza è la stessa di sempre… fino a quando?»
La speranza di Yoani non è in un’altra Rivoluzione, ma in una Cuba diversa, tollerante e pluralista.
«Amici, spero che il cambiamento a Cuba non sia prodotto da un’altra Rivoluzione, perché ne abbiamo abbastanza di questa e non ne vogliamo altre».
Yoani attacca frontalmente repressori e governo. La stampa ufficiale e la televisione cubana parla sempre di dissidenza pagata dall’Impero, di controrivoluzionari al soldo della CIA… Yoani capovolge la domanda e si chiede chi finanzi la repressione.
«Chi paga le merende alle turbe che ieri hanno aggredito le Dame in Bianco? E i mezzi di trasporto per raggiungere il posto della repressione? E chi paga gli alti costi del programma più conformista delle televisione cubana, la “Mesa Redonda”? Chi finanzia il Granma? Non vorranno farci credere che si sostenta con la quota dei militanti del Partito Comunista Cubano? Non siamo così ingenui. Quanto pagano chi controlla il mio telefono e ascolta le mie comunicazioni? E quanto pagano chi controlla gli altri dissidenti? Le asfittiche casse nazionali. Un giorno qualcuno ci dirà quanta parte del nostro denaro viene usata per la repressione. Questa non è una Rivoluzione, ma il governo di un’oligarchia, di persone che indossano un’uniforme verde oliva, l’autocrazia di un clan. Raúl Castro, non credo in te! Hai ereditato una nazione come se fosse un feudo, ma questo non è un villaggio medievale!»
Gordiano Lupi