Sì, qualcuno sorriderà e cercherà di liquidare la giornata di sciopero della fame e della sete per chiedere che le Camere si riuniscano in via straordinaria e dibattano la questione della giustizia e lo stato delle carceri, come un “fioretto”. Eh già: cosa volete che sia se uno, dieci, cento persone per un giorno rinunciano al cibo e all’acqua? A cosa volete che serva?
Però accade che da qualche anno nelle carceri italiane – nonostante la gravissima situazione in cui versano – i detenuti non si abbandonino più a manifestazioni violente come un tempo. Ora accade che i detenuti attuino scioperi della fame e diano corpo a proteste nonviolente, e in questa lotta sono affiancati dall’intera comunità penitenziaria, agenti di custodia, operatori, volontari, le famiglie... L’opzione nonviolenta non è uno straordinario progresso che va valorizzato e non – come troppe volte accade – mortificato?
“Immagina”, cantava John Lennon, una delle sue canzoni più belle. Immagina allora che ci sia un grande movimento nonviolento che ponga all’attenzione dell’agenda politica questo tema, imponga questa questione. Immagina che ci sia, questo dibattito parlamentare; e immagina che la TV – servizio pubblico – trasmetta la seduta. Immagina che per una volta le trasmissioni di approfondimento politico non chiudano per ferie, e al posto di un “Da-da-da...” vada per una volta in onda una trasmissione dove Enrico Sbriglia, segretario dell’associazione dei direttori penitenziari, Eugenio Sarno, segretario della UIL Penitenziaria, il presidente dell’Unione delle Camere Penali Spigarelli, il magistrato Livio Pepino direttore del mensile Narco-mafie e altri ancora, possano far sapere finalmente quello che chiedono, quello che ritengono sia necessario fare. Immagina che il ministro della Giustizia Nitto Palma possa dire cosa vuole fare e come, e con quali tempi; e i rappresentanti dei partiti di maggioranza e di opposizione possano dire se sono d’accordo o no, e perché. Immagina che Marco Pannella possa rivolgersi dalla TV ai detenuti, e indirizzare per esempio un appello perché non si abbattano, quale che sia la situazione nella quale si trovano a vivere, e non cedano alla tentazione di farla finita, perché sarebbe, appunto, la fine...
Immagina la deputata radicale Rita Bernardini; il presidente di A buon diritto Luigi Manconi; la presidente di Ristretti Orizzonti Ornella Favero; il presidente dell’Associazione Antigone Patrizio Gonnella; e altri ancora possano spiegare le ragioni per cui hanno deciso di promuovere la giornata di digiuno della fame e della sete collettivo, in concorso e d’intesa con direttori di carceri, agenti, educatori, psicologi, assistenti sociali, medici, infermieri, personale amministrativo, volontari, cappellani, detenuti e le loro famiglie; e assieme a centinaia, migliaia di “semplici” cittadini democratici che credono nei valori della Costituzione e nello Stato di Diritto, immagina che tutti loro possano far conoscere quello che ritengono essere un dovere urgente e impellente, «fornire conoscenza e ascolto della Parola e dell’opera del Presidente della Repubblica, accuratamente silenziate»; immagina che siano finalmente urlate le parole pronunciate dal presidente Giorgio Napolitano circa «i diritti umani negati per le persone ristrette in carcere, private della libertà per fini o precetti di sicurezza e di giustizia…Una questione di prepotente urgenza sul piano costituzionale e civile», o a proposito «delle scelte politiche e legislative: oscillanti e incerte tra tendenziale, in principio, depenalizzazione e “depenitenziarizzazione”, e ciclica ripenalizzazione con crescente ricorso alla custodia cautelare, abnorme estensione, in concreto, della carcerazione preventiva. Di qui una realtà che ci umilia in Europa e ci allarma, per la sofferenza quotidiana - fino all'impulso a togliersi la vita - di migliaia di esseri umani chiusi in carceri che definire sovraffollate è quasi un eufemismo»...
Immagina un telegiornale che apra con le parole del presidente, a proposito delle finalità costituzionali della pena: «E evidente in generale è l'abisso che separa la realtà carceraria di oggi dal dettato costituzionale sulla funzione rieducatrice della pena e sui diritti e la dignità della persona. È una realtà non giustificabile in nome della sicurezza, che ne viene più insidiata che garantita, e dalla quale non si può distogliere lo sguardo...».
Ecco, immagina tutto questo: solo un fioretto?
Valter Vecellio
(da Notizie Radicali, 11 agosto 2011)
Qui per informazioni e adesioni
alla giornata di lotta del 14 agosto 2011