Chi mi segue su Letteratitudine sin dall'inizio sa bene che ho sempre cercato di mettere in risalto sia gli aspetti positivi, sia gli aspetti “discutibili” della Rete. Tempo fa, tra le altre cose, ho cercato – insieme a voi – di analizzare i pro e i contro di Facebook: il più frequentato social network di questi anni.
Vorrei aggiornare il suddetto post, raccontandovi un caso di censura immotivato (e non spiegato) che è capitato proprio a me. Dunque vi prego, se potete, di leggere per intero il testo che segue...
Giorno 16 luglio, ho provato a inserire nel mio profilo Facebook (e in quello di Letteratitudine) il link di un nuovo post (in genere riporto i link senza “taggare” – cioè “invitare alla discussione” – nessuno… proprio per evitare di disturbare). Scopro, con enorme sorpresa, che il link non è pubblicabile. Nel momento, infatti, in cui clicco sull’apposito pulsante, appare una finestra contenente il testo che riporto di seguito: «In questo messaggio sono presenti dei contenuti bloccati che sono già stati contrassegnati come offensivi o spam. Facci sapere se ritieni che si tratti di un errore». Cliccando sulle parole «Facci sapere», si apre una nuova finestra dove mi si dà conferma che i contenuti di Letteratitudine sono stati segnalati come offensivi. Anche in questo caso riporto il testo che appare sulla finestra: «Il contenuto che stai tentando di pubblicare su Facebook è stato segnalato come offensivo. Compila questo modulo se ritieni che questo contenuto sia stato bloccato per errore».
Nonostante abbia compilato il suddetto modulo decine e decine di volte (forse anche centinaia), e nonostante le numerose mail inviate all’help desk di Facebook, la censura non è stata sbloccata. Non solo: non mi è mai stata data alcuna spiegazione.
Ancora oggi (sono trascorsi dieci giorni, all’incirca) non è possibile pubblicare link di Letteratitudine. E, ripeto, senza che ne conosca le ragioni. Non solo non posso farlo io, ma non può farlo nessuno degli utenti di Facebook (500 milioni di persone, sparse per il pianeta).
Ovviamente la cosa mi dispiace, intanto per il fatto (paradossale) che uno dei principi fondanti di Letteratitudine (come ben sa chi mi segue) coincide con il rispetto dell’altro e delle altrui idee (altro che contenuti offensivi!), ma anche per il fatto che nessuno degli amici di questo blog (e in tanti hanno provato a farlo) possono pubblicare sui loro profili link di origine letteratitudiniana.
Per fortuna il danno arrecato non è particolarmente rilevante, giacché Letteratitudine ha una sua autonomia ed è del tutto indipendente da Facebook. Tuttavia ho deciso ugualmente di “denunciare” l’episodio giacché qualcosa del genere potrebbe capitare a chiunque. Anche perché i “buontemponi dalla segnalazione facile” (chiamiamoli così) sono sempre esistiti e sempre esisteranno. E forse è pure inutile prendersela con loro.
È bene che sappiate – cari utenti di Facebook – che, se qualcuno dovesse cominciare a segnalare i contenuti dei vostri blog (che linkate sui vostri profili) come offensivi (al di là del fatto che lo siano davvero), prima o poi verrà applicata questa forma di censura “automatica” (che opera, cioè, senza che si sia proceduto a una previa verifica dei contenuti) anche a vostro danno. Del resto non è capitato solo a me (so di persone che, da un giorno all’altro, e senza spiegazioni, si sono visti cancellare il loro profilo).
Vi garantisco che vedersi censurati (o eliminati) senza motivo, senza preavviso e senza spiegazioni è tutt’altro che piacevole. Mi viene in mente l’incipit del noto romanzo postumo di Franz Kafka, Il processo: «Qualcuno doveva aver calunniato Josef K., poiché un mattino, senza che avesse fatto nulla di male, egli fu arrestato» (traduzione di Primo Levi, Einaudi, 1983).
Ora, partendo dal presupposto che i “buontemponi dalla segnalazione facile” (continuiamo a chiamarli così) sono sempre esistiti e sempre esisteranno, credo che chi dovrebbe evitare che accadano episodi del genere sia proprio il social network.
Capisco che controllare i contenuti messi on line da 500 milioni di utenti è piuttosto complesso e gravoso, tuttavia quando un sito web (proprio grazie al numero esorbitante dei propri iscritti) raggiunge il valore aziendale di 50 miliardi di dollari (è il caso di Facebook) credo che il problema debba essere affrontato in maniera più seria.
Anche perché, a dirla tutta, è paradossale sentire le lagnanze dei manager di questi colossi della Rete quando si lamentano della difficoltà a penetrare nei paesi assediati da un regime dittatoriale, mentre poi loro stessi – al loro interno – applicano metodi sbrigativi che, in alcuni casi, sfociano in forme di censura automatica di “stampo sovietico”.
Il consiglio che vi do, dunque, è di prendere consapevolezza del fatto che, all’interno di un social network come Facebook (utilissimo, per carità: ti aiuta a connetterti e rimanere in contatto con le persone della tua vita!), siamo tutti assoggettati alle decisioni (e agli automatismi censori) di un deus ex machina.
Meglio mantenersi indipendenti, dunque. Se possibile.
Scusate lo sfogo!
Attendo, ovviamente, le vostre opinioni in merito. Questo il link per partecipare alla discussione.
Sarei altresì grato se le notizie inserite in questo post potessero “circolare”. Mi rivolgo agli amici blogger e agli amici giornalisti.
Magari può essere utile per sbloccare la censura. Perciò, linkate e scrivete (se potete).
Come sempre, grazie mille per l'attenzione e la partecipazione.
Massimo Maugeri
(da Letteratitudine, 25 luglio 2011)