Cara Rina,
Ti desidero e non posso vederti, perché tardi tanto a venire, il tempo è bello e potessimo fare insieme una passeggiata e poi se papà lo desidera potessimo andare anche a casa.
Dirti cosa prova il mio cuore adesso è più facile a dirsi che a scriversi. Vi ha una passione profonda per quell’uomo che ho fuggito. Un odio per tutta la mia debolezza che davvero non trovo più giusto morire lontana da voi tranne che questa sia la mia volontà… Insomma fate voi. Mi accorgo solo di una cosa, che mi sento legata mani e piedi e non so da chi.
Mi ricordo il giorno che egli partì per Torino e del giorno che egli è ritornato. Il mio cuore desiderava la pace ed egli pure, perché non la fecimo. Ti giuro che questo non fu per mancanza d’amore, forse è il giorno che l’ho amato di più.
Vorrei vederlo come quel giorno per morire di gioia fra le sue braccia.
Diglielo Rina e venga pure a trovarmi che sarò felice di vederlo.
In ogni modo fu il solo e il mio vero amore.
In conclusione desidero di vederti addio un bacio.
La tua mamma
Cottino Ernesta
[Estratto da: Sebastiano Franco Veroli, Donne in manicomio. Le ricoverate a S. Croce nel decennio 1890-1900 – “Il caso di Ernesta Cottino Faccio”, Istituto Storico della Resistenza e dell’Età Contemporanea “M. Morbiducci”, Macerata 1998
Scelta dei testi di Patrizia Garofalo ed Elisabetta Andreoli
Fotografia di Elisabetta Andreoli]