Grazie a un piano di oltre 300 riforme promosse da Raúl Castro sta nascendo una nuova classe imprenditoriale e un nuovo modo di pensare.
Gli oppositori del Governo sostengono che il Paese ha bisogno di cambiamenti economici più profondi e anche di riforme politiche al sistema del partito unico.
La salvezza del sistema socialista sta seguendo strade un tempo giudicate impraticabili per molti cubani, visto che la gente ha cominciato a sentire per la prima volta in mezzo secolo parole come “concorrenza”, “commercializzazione” e “opportunità”.
Un reportage di Jeff Franks, giornalista dell'agenzia Reuters, mette in evidenza che dalle oltre 300 riforme promosse da Raúl Castro sta nascendo una nuova classe imprenditoriale e un nuovo modo di pensare in un paese che per anni ha resistito ai cambiamenti economici.
Secondo le cifre ufficiali 310.000 cubani lavorano legalmente por cuenta propia, tra loro 221.000 hanno ottenuto la licenza come lavoratori privati da ottobre, quando Castro annunciò l'espansione del settore.
Il piano di riforme cerca di modernizzare la debilitata economia cubana di stile sovietico, per cercare di salvare il socialismo inaugurato dopo la rivoluzione del 1959.
Il Presidente degli Stati Uniti, Barack Obama, ha definito limitati i cambiamenti, ma nell'isola dei fratelli Castro molte persone hanno accolto con favore il piano di riforme, nella speranza che sia solo la prima tappa per modificazioni ancora più radicali del sistema.
Nel reportage di Franks leggiamo molte interviste e le opinioni più disparate, molte di loro, però, sono improntate a un ragionevole ottimismo. «Le riforme sono un'opportunità per i cubani, rappresentano un primo passo. Credo che Cuba stia cambiando in meglio», ha detto Giselle Nicolás, proprietario del nuovo ristorante “La Galería”, nel quartiere del Vedado, all'Avana.
Non ci sono dubbi che il panorama economico stia cambiando. Il giornalista di Reuters scrive che le persone stanno mettendo in piedi attività nei portoni e sui marciapiedi, dove vendono di tutto: dagli alimenti agli oggetti per la casa e offrono servizi di riparazione per scarpe, telefoni cellulari e orologi. Altri imprenditori offrono servizi da parrucchieri nei garages oppure si spostano da un quartiere all'altro per vendere fiori, dolci o prodotti agricoli.
Franks ricorda che una recente riunione del Consiglio dei Ministri ha espresso preoccupazione per il gran numero di imprenditori che stanno bloccando i marciapiedi con i loro punti vendita, modificando la struttura architettonica delle città. Si è deciso di affittare ai privati alcuni spazi non utilizzati dalle imprese statali.
Il Boom dei paladares
Il reportage di Jeff Franks afferma che il 22% delle nuove licenze di lavoro por cuenta propria è stato concesso a venditori di alimenti, provocando il boom dei ristoranti privati noti come paladares e la relativa concorrenza. Alejandro Robaina, padrone del ristorante “La Casa”, uno dei più antichi dell'Avana, ha detto che l'apertura di negozi adesso deve offrire nuovi servizi e promuovere le offerte, con la difficoltà di un paese dove la pubblicità è quasi inesistente. Robaina da gennaio ha aperto un sito web (restaurantelacasacuba.com), un blog e uno spazio Facebook che raggiunge i pochi privilegiati che a Cuba hanno accesso a internet, per richiamare l'attenzione dei visitatori. Robaina offre ai clienti abituali pranzi a prezzi speciali e per i turisti si è messo a dare lezioni di cucina cubana. Nel blog c'è una foto che ritrae lui, la madre, Jimmy Page, chitarrista dei Led Zeppelin, e l'attore britannico Clive Owen. Aggiunge Franks che altre paladares sono aperte 24 ore su 24, svolgono consegne a domicilio e regalano un pranzo gratis ai clienti che hanno già speso la cifra di 1.000 dollari. «Si deve stare sempre all'erta per non farsi battere dalla concorrenza», dice Robaina. «Ma sia benedetta la concorrenza!»
Le riforme promosse da Castro modificano il modo di pensare anche nelle imprese statali. Nella provincia di Ciego de Avila, nel centro di Cuba, alcune aziende agricole sono state strutturate in maniera tale che i lavoratori vengano pagati secondo la produttività. L'idea del salario fisso sta lentamente scomparendo. «La cosa importante è che chi lavora ottiene vantaggi», ha detto Jorge Félix Martín Iglesias, funzionario del Partito Comunista di Ciego de Avila. La maggior parte dei lavoratori ha riferito di guadagnare il doppio o il triplo del salario mensile medio, attestato sui 20 dollari. «Sto lavorando sei giorni a settimana, ma sono molto contenta», ha detto un'impiegata agricola mentre puliva vegetali appena colti.
Mantenere il comunismo
Il reporter di Reuters aggiunge che le misure possono sembrare vagamente capitaliste, ma a Cuba il sistema è ancora comunista. Nelson Blanco, capo di un'importante azienda agricola statale, ha detto che il suo salario mensile è di 40 dollari, meno di quanto guadagnano i suoi lavoratori. Il funzionario ritiene che sia più che giusto, perché è l'operaio che compie il maggior lavoro fisico ed è normale che venga pagato meglio di chi progetta e dirige.
Il Governo sta pensando di concedere altre 250.000 licenze per il lavoro por cuenta propia, ma la cifra è suscettibile di lievitare. Franks afferma che si tratta di una scelta necessaria per attuare il piano di Castro, che vuole licenziare oltre un milione di impiegati statali, il 20% della forza lavoro. Bisogna vedere se le riforme saranno sufficienti per tenere a galla il socialismo cubano, ma per il momento si registra un positivo effetto psicologico sulla popolazione.
«La gente era come morta (...), adesso per lo meno stanno pensando, cercano l'idea giusta per aprire un piccolo negozio...», ha detto uno psicologo che non ha voluto rivelare la sua identità.
Gli oppositori sostengono che il paese ha bisogno di cambiamenti economici più profondi, oltre a riforme politiche in senso democratico. Ma i governanti cubani hanno parlato poco di riforme politiche e, secondo Richard, un calzolaio che ha da poco aperto un'attività privata, non servono. «Al cubano interessa far festa, vestirsi bene, godere la vita, (...) al cubano non interessa la politica, non sa che farsene della libertà di stampa», ha detto al giornalista di Reuters mentre riparava un paio di scarpe. Sarà stato sincero?
Gordiano Lupi