DOCUMENTO DI CONVOCAZIONE DEL CONGRESSO DEL PARTITO RADICALE
A cura della Presidenza del Partito:
Maurizio Turco, Matteo Mecacci, Marco Perduca
Nove anni dopo il Congresso di Tirana: il nuovo, vecchissimo, “ordine internazionale” contro i diritti umani
Torniamo a convocare la nostra massima assise di partito a quasi nove anni dal congresso svoltosi in due sessioni, a Ginevra e a Tirana, nel 2002. La situazione dei diritti umani, in molti Paesi del mondo, è divenuta da allora più difficile e drammatica.
Nonostante le grandi speranze di costruzione di un nuovo diritto internazionale, si sono rafforzati regimi apertamente autoritari, che soffocano la libertà e la vita dei propri cittadini. Minoranze e popoli non rappresentati continuano a lottare per la loro stessa esistenza. Fra coloro che sono a noi più vicini, spesso iscritti al nostro partito, ricordiamo i fratelli Montagnard in Vietnam; i loro vicini Khmer Khrom in Cambogia; i tibetani, gli uighuri, le altre minoranze etniche e persino i pacifici seguaci della disciplina spirituale del Falun Gong, perseguitati dal regime di Pechino. Sono, del resto, conculcati i diritti umani fondamentali di tutto il popolo cinese: l’idea che lo sviluppo economico avrebbe portato di per sé la democrazia e i diritti si è rivelata un’illusione. Il sistema cinese blocca qualsiasi evoluzione anche in altri Paesi, come Burma o Corea del Nord.
La vasta fascia del Mediterraneo meridionale e del suo entroterra, dall’Africa settentrionale al Medio Oriente, così come parte dell’Asia centrale, vede – anche in queste ore – repressioni sanguinose. Le rivolte del pane in Algeria e Tunisia testimoniano il dilagare di una crisi globale che è politica quanto economica. Ai confini dell’Europa, il popolo ceceno è praticamente annientato e scomparso, e dopo la guerra di Georgia dell’agosto 2008 un nuovo conflitto si profila fra i monti del Caucaso, fra Russia, Daghestan e zona circostante.
Non vediamo però solo un rafforzamento di regimi autoritari o dittatoriali. Contemporaneamente molte democrazie hanno negato se stesse e i propri principi costitutivi. C’è oggi il rischio concreto che le democrazie – anche alcune di quelle un tempo, storicamente, più solide – diventino ‘real-democrazie’, come si disse in passato dei sistemi che, negando i principi socialisti, erano solo di ‘socialismo reale’.
Intanto nell’area sub sahariana e in Africa centrale quello sterminio per fame, per sete e per guerra che eravamo riusciti a contrastare negli anni ’80 miete ancora milioni di vittime. Non meno tragica è la “guerra alla droga”, alimentata dalla spirale impazzita del proibizionismo che consegna interi Paesi dell’America latina e il tessuto di molte società alla criminalità organizzata – quella, davvero, sempre più transnazionale.
A tutto questo, la sola risposta adeguata sarebbe una nuova spinta federalista; ma, al contrario, nella stessa Unione Europea si avvera quanto profeticamente previsto da Spinelli, Rossi e Colorni nel Manifesto di Ventotene – e da noi: l’ordine basato, ancora una volta, sugli Stati nazionali porta alla rovina l’Europa e gli Stati stessi. L’Unione Europea – che poteva rappresentare un esempio di federalismo anche per altre aree del pianeta – mantiene invece 27 eserciti e 27 diplomazie; si favorisce così la nascita ancora di nuovi Stati e nuovi eserciti, “regalando” a popoli oppressi ulteriore nazionalismo anziché nuove forme di integrazione.
Il sistema globale di protezione dei diritti, delle vite stesse è fallimentare. Valga un solo esempio su tutti: ad Haiti, a un anno dal terremoto, dilaga il colera perché non si è saputo e potuto provvedere neppure alla sepoltura dei morti (oltre 220.000). Questo è il cosiddetto ‘ordine internazionale’ di oggi.
È proprio per questa ragione che abbiamo perso uno strumento fondamentale di lotta: quel “Consiglio dell’ONU per i diritti umani” di Ginevra che è divenuto appannaggio di dittatori, teocrati, despoti, Stati autoritari e totalitari. Dopo il tentativo fallito di espellere il nostro partito dall’ONU, dove ha lo status consultivo come ONG di prima categoria, la coalizione dei totalitarismi e delle real-democrazie ha reagito ‘occupando Ginevra’, la nuova trincea dei nemici della pace e della libertà.
Il Congresso di Chianciano: l'ordine del giorno radicale per una nuova speranza democratica
Il 39° Congresso del Partito Radicale Nonviolento Transnazionale e Transpartito è dunque convocato a Chianciano dal 17 al 20 febbraio, per affrontare con urgenza l’obiettivo di fare, di democrazia e diritto, gli strumenti al servizio dei cittadini di tutto il mondo, per governare le grandi questioni politiche e sociali del nostro tempo. I temi all'ordine del giorno rappresentano, pur nella attuale inadeguatezza di risorse umane e finanziarie nelle quali il partito versa, non mere petizioni di principio, quanto dei fronti concreti di iniziativa politica, in continuità con fatti e riforme straordinarie che la sessantennale storia del Partito radicale ha acquisito alla comunità internazionale. Il Congresso di Chianciano è l'occasione per rilanciare e far compiere un salto di qualità a quella storia e a quelle iniziative.
“La vita del diritto per il diritto alla vita”
Dopo aver dato un contributo determinante ai successi dell'istituzione del Tribunale ad hoc sui crimini in Ex-Yugoslavia, del Tribunale penale internazionale e della moratoria Onu sulla pena di morte, è tempo di compiere altri passi per trasformare diritti esistenti solo sulla carta in strumenti effettivi di garanzia delle libertà individuali. In occasione del Consiglio generale di settembre a Barcellona, il partito si è dato come obiettivo prioritario l'attivazione delle giurisdizioni a ogni livello per l'affermazione dei diritti umani fondamentali. Grazie allo studio elaborato dal professor Cesare Romano, disponiamo di un quadro dettagliato su quali regole - per ciascun Stato, Convenzione, Trattato internazionale - possano essere utilizzate. Occorre partire da qui per far vivere regole e istituzioni che già esistono, rafforzarle e riformarle.
La “Organizzazione mondiale della democrazia”, la nonviolenza
La degenerazione della “real-democrazia”, o “democrazia reale”, va affrontata come vera malattia, potenzialmente mortale, dell'ideale democratico. Al Congresso di Tirana, nel 2002, avevamo lanciato la proposta di Organizzazione mondiale “della” e “delle” democrazie. La tutela sovranazionale dei diritti democratici - diritti universali storicamente acquisiti come “naturali” - è obiettivo fondamentale del Partito; obiettivo da perseguire con la nonviolenza, che il Parlamento europeo (nella sua Risoluzione sui diritti umani nel mondo, approvata nel 2008) aveva definito “lo strumento più adeguato per promuovere l'affermazione dei diritti umani fondamentali”. Tale risoluzione è rimasta tuttora senza alcuna conseguenza, atto concreto o impegno di bilancio da parte delle istituzioni UE e dei partiti politici europei.
La verità su “Iraq libero”
La guerra in Iraq ha rappresentato non solo un’immane tragedia, ma anche un fallimento tuttora in atto, per il cosiddetto “Occidente democratico”, di una credibile proposta della democrazia come strumento indispensabile per la pacifica convivenza mondiale. Proprio per questo, soltanto l'accertamento formale e la sanzione delle responsabilità che hanno portato alla guerra potrebbe riscattare davanti alle opinioni pubbliche mondiali la forza di attrazione del metodo democratico e dello Stato di diritto. Se infatti è ormai acclarato come le “prove” invocate per lanciare l'attacco militare siano state falsificate, non è ancora stato fatto nulla per accertare la verità su come la guerra sia stata decisa e accelerata, proprio per impedire l'alternativa di una pace concretamente possibile attraverso l'esilio di Saddam, come chiedeva in quelle settimane il nostro partito con la campagna “Iraq libero”. Su questo, la documentazione prodotta dal Partito radicale si è arricchita di nuovi ulteriori elementi, che dovrebbero imporre delle vere inchieste e - ne siamo convinti - l'incriminazione dei massimi responsabili della guerra.
Patria europea e Europa delle Patrie, il Manifesto di Ventotene, la prospettiva euro-mediterranea
Il fallimento della “democrazia reale”, ripetiamolo, è innanzitutto fallimento dell'illusione della Sovranità assoluta degli Stati nazionali. L'involuzione del processo di integrazione europea, dove la “patria europea” che sembrava essere nata dalla tragedia della “shoah” è stata demolita dall'opera nazionalistica e burocratica dell'Europa delle Patrie. Le conseguenze più gravi si ripercuotono in particolare sulla civiltà mediterranea, lungo quello che è diventato il confine meridionale dell'Europa, pur essendone in realtà culla e parte integrante. Oltre 20 anni dopo il crollo del muro di Berlino, infatti, nuove mura, reali o figurate, si alzano: dal muro che il Mediterraneo stesso è divenuto, fungendo da cimitero per la strage di immigrati, al muro progettato tra Grecia e Turchia o quello realizzato da Israele, passando per i ghetti delle “nostre” città, sono tante mura quanti fallimenti della speranza federalista europea, cosmopolita e tollerante, euro-mediterranea e laica. Il Manifesto di Ventotene rimane un progetto politico di massima attualità per l'Europa, così come per la libertà dei tibetani, degli uighuri e quindi anche dei cinesi, per tutti i popoli non rappresentati e oppressi da regimi autoritari oppure da Stati nazionali inadeguati e impotenti.
La “peste italiana” della non-democrazia e della non-conoscenza
Abbiamo documentato in dettaglio come il Male del totalitarismo fascista sia sopravvissuto nella metamorfosi della partitocrazia italiana, attraverso la sessantennale opera di distruzione della Costituzione e della legalità e di tradimento della volontà popolare sulle più importanti esigenze della società italiana. La negazione innanzitutto del diritto a conoscere per deliberare trova oggi - grazie al Centro d'ascolto per l'informazione radiotelevisiva - nuove metodologie di misurazione scientifica, che possono aiutare a lanciare l'allarme su una “peste” che già ha iniziato a contagiare tanta parte del mondo “democratico”.
“Dal corpo dei malati al cuore della politica”, l'antiproibizionismo, il “rientro dolce”
Fondamentalismi di matrice politica o religiosa ostacolano in tutto il mondo le scelte di autodeterminazione individuale sui temi della vita, delle cure, della ricerca scientifica. Le ideologie illiberali prendono corpo sia nella pluridecennale guerra proibizionista sulle droghe - sempre più trasformata in guerra contro la democrazia, la scienza, il diritto - sia nella rinuncia, in sede di Nazioni Unite, a qualsiasi politica di controllo demografico e di gestione delle conseguenze ecologiche di un pianeta che supera ora i 7 miliardi di persone. Il Partito radicale rilancia l'alternativa della laicità, della libertà e responsabilità individuale, delle legalizzazioni, delle politiche liberali di "rientro dolce" della popolazione.
Il Partito Radicale Nonviolento Transnazionale e Transpartito
Il Partito radicale è organizzazione nonviolenta in status consultivo di prima categoria al Consiglio economico e sociale dell'Onu. In quella sede hanno preso la parola, a nome del partito, rappresentanti di popoli oppressi, oppositori e dissidenti di regime autoritari e repressivi. Il Partito radicale non è un soggetto elettorale ed è aperto all'iscrizione di cittadini di ogni nazionalità e parte politica. In particolare i parlamentari italiani ed europei, insieme a importanti personalità di Governi e Parlamenti d' Europa e di tutto il mondo, sono invitate al Congresso di Chianciano.
Qui le informazioni logistiche e le agevolazioni per tutti i partecipanti