Alex. A me Panella piace. Quanto Mogol Lettera al prof. Paolo Diodati ancora “sull’esperimento voluto da Lucio Battisti”...
05 Novembre 2010
Troppo lunga per fare da commento, riportiamo come nuovo post questa 'lettera' di Alex (se poi, come auspicabile, l'autore vorrà, con l'occasione, identificarsi firmandosi per esteso potrà farlo in ogni momento consentendo un dialogo e confronto ...con tutti i crismi) ancora sul 'tormentone' che ha preso avvio da un 'gioco' del prof. Diodati di parecchio tempo fa.
Caro Professore,
ricordo benissimo sia le sue risposte che i suoi articoli sull’argomento e colgo nuovamente l’occasione per ringraziarla di aver sempre avuto l’eleganza di rispondere ad ogni intervento. Poiché (a quanto pare) ho fallito su tutta la linea, arrivati a questo punto non mi resta che salutarla. E benché a parer mio sia d’obbligo che lasci a lei l’ultima parola vorrei però tuttavia salutarla a mio modo, con un ultima lettura. Interagire con lei è comunque un privilegio e spero che vorrà perdonarmi di essermi concesso quest’ultimo intervento. Di sicuro non alzo nessuna bandiera bianca ma visto che anche io temo di annoiare sia lei che i lettori di questo sito ho scelto di commentare un passaggio in modo che spero risulti divertente.
La lista di nomi stravaganti con la quale inizia “Equivoci amici”: «Cassiodoro Vicinetti / Olindo Brodi, Ugo Strappi / Sofio Bulino. Armando Pende / Andriei Francisco Poimò / Tristo Fato, Quinto Grado / Erminio Pasta. Pio Semi / Ottone Testa. Salvo Croce / Facoffi Borza. Aldo Ponche (o Punch)». È ben possibile che questo elenco sia semplicemente il frutto casuale dell’accostamento di parole al solo scopo di produrre effetti sonori gradevoli, e ciò non ostante che una lettura attenta produca spesso l’illusione di capirci qualche cosa. Ma se proprio dovessi per forza immaginare di dare un senso a questo elenco strampalato, non mancherebbero di sicuro gli elementi per costruire una sceneggiatura nella quale ai nomi corrispondano ipotetici amici e colleghi per così dire “ugualmente vocianti” di Lucio Battisti.
Penso ad una storiella che inneggia al provincialismo “pasta e ceci” del mondo della canzone italiana. Un ambiente nel quale è facile incontrare artisti montati, ognuno a modo suo convinto di essere il migliore. Ognuno che si sente che “ce l’ha solo lui” come si dice a Roma. O, per dirla altrimenti, che “ce l’ha d’oro”: i vari «Cassiodoro Vicinetti / Olindo Brodi, Ugo Strappi». In effetti, l’immagine che un membro virile (cassio) in oro massiccio possa generare l’illusione di un vaso sanitario senza macchie (Wc netti) o, quantomeno, di una urina nitida e chiara, un “brodo lindo” (per l‘appunto), questa idea da parte del Sor Panella non mi stupirebbe affatto.
Restando su questo registro da osteria romanesca, a proposito di “brodo” se si considerano le origini laziali del Battisti allora, forse, al posto di “Ugo Strappi” sarebbe meglio leggere “SUgo trippa”. Così, giusto per rimarcare l’aspetto provinciale del personaggio: il cantante nostrano che sogna la California. Forse che Panella volle prendere in giro lo stesso Lucio Battisti? Sulla stessa linea, «Sofio Bulino, Armando Pende» sarebbe forse traducibile in “So’ er fijo burino” il quale si domanda: “ma ‘ndo pende” (il cassio d’oro); cioè, dove? Da che lato, pende? “In che direzione deve andare questo mio talento?” Questa potrebbe essere la storia burlesca di un cantante che si affligge con il dilemma se partire o meno per la California: «Andriei Francisco Poimò / Tristo Fato, Quinto Grado». Come dire “andrei a San Francisco poi/mo’” ovvero sia, in romanesco: dopo o adesso, non lo so. Il personaggio della nostra storiella è indeciso perché teme che all’estero lo attenda un qualche destino gramo, un triste fato. San Francisco, che negli anni 60 e 70 è stata l’epicentro del fenomeno Hippie e meta di musicisti da tutto il mondo, è edificata su una faglia sismica. E, magari, con maggiore precisione, anziché un Quinto Panella avrebbe potuto usare almeno un “Settimio” o un “Ottavio” Grado, visto che il famoso terremoto che rase al suolo la città agli inizi del secolo era di magnitudine compresa tra il settimo e l’ottavo grado della scala Richter. Con riferimenti incrociati la sequenza «Erminio Pasta, Pio Semi / Ottone Testa, Salvo Croce» diventa facilmente: “er mignOttone”, “Semi Salvo” e “Pijo (prendo) Testa o Croce”; un possibile riferimento alla professione mercenaria dello spettacolo e al rischio aleatorio di insuccesso in terra straniera, nonché di cataclisma tellurico. “Ottone” anche come il materiale della moneta con cui giocare a testa o croce per prendere una decisione, e sempre salvo a metà (semi) poiché la probabilità che esca fuori un lato piuttosto che l’altro della moneta è, appunto, il cinquanta percento. Ma, forse, tutto questo rischia di essere troppo persino per Pasquale Panella…
Accenno, però giusto un ultima facezia in merito ai restanti due amici: «Facoffi Borza, Aldo Poncho (o Punch)»; che fanno venire in mente un “Coffee bag”, una busta del caffé, tipico cimelio dell’italiano all’estero insieme all’immancabile pacco di Pasta. Anche il “facoffi” è quasi una sorta di “fuck off!” all’amatriciana e ovviamente non sfugge a nessuno che “borsa” e “ponce” sono due capi d’abbigliamento. Del resto il secondo termine si presta spesso all’ambiguità tra il mantello o la bevanda alcolica.
Ecco, forse un esempio che si può interpretare tutto e il contrario di tutto. Ma come vede non alzo nessuna bandiera bianca. O forse, si: sono costretto a rinunciare a convincerla che Pasquale Panella è un autore che non ha scritto i suoi versi a casaccio. Rinuncio perché evidentemente non ho i mezzi per convincerla oppure perché il quesito è mal posto. In effetti tutto si riduce all’aspetto estetico. Panella le piace o non le piace? A me piace e mi emoziona così come mi piaceva e mi emozionava Mogol ma in modo diverso. Lascio a lei l’ultima parola.