Il 13 di Agosto del 2009 mi trovavo a Roma con mia moglie Marina, eravamo partiti in macchina due giorni prima per le vacanze che sarebbero durate circa una settimana.
Eravamo diretti a Margherita di Savoia in Puglia da un amico regista e facendo ogni tanto qualche tappa dato che il viaggio era lungo, ci fermammo ad Assisi, andando a rivedere la Basilica e le magnifiche opere di Giotto su San Francesco. In quel periodo avevo iniziato la realizzazione del libro Cantico di una creatura edito da Frassinelli e scritto da Alda Merini con la prefazione di Mons. Ravasi. Il libro che stavo realizzando era in forma artistica e conteneva immagini delle opere di Giotto e opere di Elvio Marchionni artista contemporaneo di Spello; a questo libro ci stavo lavorando da oltre un anno.
Ripartiti da Assisi arrivammo a Roma e naturalmente a piazza San Pietro, portavo con me il libro che avevo da poco realizzato dal titolo Santo Padre Divina Poesia su papa Giovanni Paolo II; un volume ricco di immagini e poesie di Alda Merini, un libro pieno di emozione e lo stavamo portando ad un amico per mostrarglielo.
Come solitamente succedeva, ricevevo quotidianamente da parecchi anni, moltissime telefonate da Alda Merini, specialmente nel periodo di vacanza, in cui lei si sentiva più sola del solito a volte per dettarmi una poesia, altre per maledire qualcuno o direttamente me per averla lasciata sola nel mese che lei considerava il più terribile accusando chi lasciava sole le persone anziane per andare in villeggiatura!...
La sua rabbia contro me era un modo per richiamare la mia attenzione su di lei, per dirmi: “vieni a trovarmi, a portarmi le sigarette, il ventilatore!...” e per sentirsi meno sola.
Naturalmente non sapeva che io mi trovavo a centinaia di chilometri, e certamente non glielo dicevo, sarebbe stato per lei se avesse saputo, come un abbandono così mi limitavo a dirle che stavo lavorando e al massimo che mi sarei assentato qualche giorno per lavoro promettendole che appena potevo sarei andato a trovarla.
Facevamo così lunghe conversazioni al telefono, parlando dei figli, di Milano, del manicomio e dei suoi libri… Però quella mattina del 13 Agosto mi diede una triste notizia, si trovava in ospedale al San Paolo, ricoverata, dicendo molto abbattuta di essere da sola, non mi disse che stava male ma solo di essere lì da sola e che un grande poeta non si doveva lasciare solo, tantomeno a ferragosto quando la città si svuota e le persone di una certa età rimangono senza amici e senza assistenza…
Aveva bisogno di avere qualcuno vicino di cui fidarsi, e che le desse sicurezza; la sentii triste e arrabbiata, mi aveva chiamato più volte dicendomi di andare a trovarla e di portarle le sigarette a cui non poteva farne a meno e infine che quel posto non le piaceva.
Non sapeva che mi trovavo a più di 500 Km di distanza; le lasciai credere che fossi nel mio laboratorio a lavorare, per non crearle altra ansia, però continuò a tempestarmi di telefonate più o meno dello stesso tono: un po’ di rabbia ma cercando un po’ di conforto da parte mia.
Ricordo che poco tempo prima mi dettò due novelle per Il Messaggero di Roma, aveva un ottimo rapporto di corrispondenza con Renato Minore, ogni tanto mi dettava brevi racconti per i lettori del quotidiano, stranamente era uno dei pochi giornali a cui mandava brevi novelle anziché poesie.
Quel giorno mentre il mio viaggio continuava, ricevetti diverse sue telefonate, così pensai che non potevo proseguire la mia discesa in Puglia e dall’amico Cosimo Damiano Damato regista con cui avevo realizzato il film Una donna sul palcoscenico presentato poi a Settembre al Festival del cinema di Venezia.
Parlai con Marina dicendo che non potevo “lasciarla sola “, decidemmo così entrambi che non avremmo potuto andare in vacanza lasciando lei, sola e in ospedale, mia moglie capì, certamente un po’ delusa ma accettò il fatto di fare dietrofront e tornare a casa.
Il giorno successivo ero a Milano, lasciai mia moglie a casa e corsi da Alda Merini, era tardo pomeriggio, ed ero già in ospedale.
La trovai un po’ sofferente ma aveva già fatto amicizia con qualche infermiera, alcune di loro trattava anche male ma si faceva perdonare scrivendo loro poesie, come mi vide disse: “era ora! ci hai messo così tanto ad arrivare!” mi mandò subito a comperare le sigarette e un ventilatore, mi fece prendere anche dei libri suoi che elargiva ai visitatori.
Arrivò la sera e la lasciai dicendole che il giorno dopo sarei rimasto con lei, mi rispose con un “vorrei vedere che lasci solo il più grande poeta italiano il giorno di ferragosto!” aggiungendo di non venire tardi.
Tornai il giorno dopo alle dieci di mattina, rimasi tutto il giorno con lei uscendo di tanto in tanto per comperarle ciò che chiedeva, per tutto il giorno non venne nessuno a trovarla, e io rimasi fino a sera tardi.
La giornata fu molto movimentata capii che stava male, più del solito; chiamava spesso le infermiere e il dott. Rossi, mi dettò due poesie, mangiammo insieme anche se assaggiò appena il cibo e sapendo quanto le piacesse mangiare, dedussi che era veramente molto giù.
Naturalmente nel corso della giornata, in alcuni momenti mi maledì, mi parlò delle figlie soprattutto di Barbara, di Mollica; ascoltammo le canzoni di Celentano che a lei piaceva tanto… mai avrei potuto credere che quello sarebbe stato il suo ultimo ferragosto!...
Uscì dall’ospedale e tornò a casa, e da quel giorno andai a trovarla ogni giorno con affetto, finché dovette poco dopo tornare di nuovo in ospedale e nella stessa camera da dove non ritornò più.
Il giorno in cui morì ero lì con lei dalla mattina, uscii un attimo alle 16:00 per lasciarla un po’ riposare e per non pensare a quanto stava male. Morì intorno alle 17:00 quando non c’ero, forse non voleva che la vedessi morire…
Giuliano Grittini