Venerdì 11 giugno, ore 18
a PARMA
Libreria Battei – Strada Cavour, 5/C
Presentazione del libro:
Una canzone per Castor
di Mari Cavalli e Will_Be
Dialoga con gli autori:
Giuseppe Marchetti, critico letterario
Letture di:
Adriano Engelbrecht, poeta, musicista e attore
Introduce: Antonio Battei
A pochi giorni dall'apertura del “ParmaPoesia Festival”, la libreria Battei offre un interessante incontro tra narrativa e poesia contemporanea: la presentazione del libro Una canzone per Castor (Besa editrice) di Mari Cavalli e Will_Be. Oltre agli autori, parteciperanno all'incontro: l'editore Antonio Battei, il critico letterario Giuseppe Marchetti e il poeta, musicista e attore Adriano Engelbrecht, che leggerà le poesie più significative della raccolta.
Il libro, illustrato con disegni di Nicola Riccò, parla di amicizia: la storia vera di un'amicizia fraterna e quella invece di un'amicizia insolita, generata da un tragico evento, ovvero la morte prematura del giovane Castor, che lascerà un segno profondo e indelebile nelle vite di chi lo ha conosciuto e amato. Ne scaturisce un dialogo denso, a forti tinte, tra due voci che s'intrecciano e si scontrano, scandite sui ritmi moderni dell'e-mail mentre inseguono i loro archetipi nel mito. Il diario di un singolare viaggio oltre l'oceano, sulle tracce di un giovane autore che ha scelto il mondo come casa, sintetizzando in una scelta radicale i significati di arte, vita e cammino.
Maria Angela Cavalli vive vicino a Parma, dove è nata nel 1960. Ha lavorato per molti anni come insegnante, attualmente s'interessa di relazioni educative e maltrattamento psicologico in ambito scolastico. Will_Be, nato in Brasile nel 1982, approda in Italia pochi anni più tardi. Alterna periodi di residenza in Italia a lunghi itinerari attraverso il Sud America, con tappe più brevi ma incisive altrove: Parigi, New York, Madrid… Contemporaneamente sperimenta un'incessante ricerca espressiva che lo porta a contaminazioni tra i vari linguaggi dell'arte.
L'incontro alla libreria Battei è aperto a tutti.
Una canzone per Castor. Le sensazioni difficilmente tradiscono. Iniziata la lettura m'è sembrato di rivivere l'esperienza di quando decisi di affrontare i fondi di Repubblica di Franco Cordero, autore che già conoscevo come accademico e fine giurista. Non troppo diverso, del resto, da quando cercai (con esito parziale) di decodificare “Quel pasticciaccio brutto di via Merulana”, di Gadda. Una fatica immane. Ma, talvolta, il rischio di perdere qualcosa di valore si cela dietro al tentativo di scansare le sfacchinate. Cordero, in effetti, chiarì perfettamente il concetto in uno dei suoi articoli. Sintetizzo con parole mie (non sarei certo in grado di usare il suo lessico forbito): voglio scrivere difficile perché solo a chi ha la curiosità e volontà di seguirmi e di cercare di capirmi posso fare un dono così importante. Insomma: (spesso) solo la fatica ci consente di crescere. E l'ipotesi è vera anche per il peso della più terribile delle tragedie. Una canzone per Castor, di Mariangela Cavalli e Will_Be, non è un libro facile. Io lo definirei un libro invernale, perché, da lettore rigidamente meteoropatico, è nelle stagioni fredde che riesco, più e meglio, a concentrarmi. Un libro non facile ma estremamente denso. Denso perché intriso di vissuto e niente è più consistente della realtà, che spesso è più crudele e spietata di qualsiasi finzione narrativa. È un libro che non va affrontato con la voracità di volerlo finire in una notte, ma che va assaporato lentamente e ruminato a lungo. L'apertura è affidata ad una domanda (e se forse un'esortazione?): «Posso parlarti?». Già! Perché forse parliamo troppo poco, o – più spesso – lo facciamo a vanvera, senza dirci ciò che è veramente importante. Senza veramente essere noi stessi fino in fondo (con un po' di snob si direbbe oggi: senza fare outing), preferendo incorrere in terribili errori, come (cercare d')essere come ci vorrebbero i nostri cari ed ereditare lo stesso difetto proiettandolo sulle generazioni future. Tutto, del resto, sembra funzionare comunque. Ma alla lunga il meccanismo si logora. E il senso delle tragedie è, forse, proprio quello di costringerci a riconsiderare la nostra direzione. Talvolta, però, il prezzo è elevatissimo. Così eccessivo che sarebbe immorale non riuscire a capitalizzarlo in qualche modo. Così un'inedita coppia di amici - una madre straziata e un giovane ragazzo - distrutti da un lacerante dolore, riescono a testimoniare nel libro la loro singolare amicizia. Un'esperienza che, come tutte le relazioni autentiche, rappresenterà un arricchimento, prima di tutto per gli autori, ma non solo. Perché, volendole cogliere, nel libro c'è l'intero campionario delle emozioni nella loro forma più profondamente virtuosa. È un libro che parla di amore, amicizia, passione, ma anche di denuncia, rabbia, orgoglio; della vita concreta, insomma. Un'esperienza che dovremmo veramente cercare di allontanare dai meccanismi di sopravvivenza con cui spesso ci muoviamo nel quotidiano. Lo stile utilizzato dagli autori è assolutamente originale. Non tanto nella sua forma assoluta – in effetti, con un'approssimativa sintesi, si tratta di un fitto scambio epistolare –, quanto nella modalità, viscerale e sincopata, con cui la codifica scelta dagli autori è riportata su carta. Uno stile lirico che ricorda una prosa poetica, ma è molto più graffiante ed intensa. E anche se talvolta si fa un po' fatica a seguire il dettaglio – perché la punteggiatura spesso è carente, o assente, oppure talvolta così bizzarra da spiazzare anche il lettore più voracemente attento –, difficilmente si perde di vista il ragionamento complessivo. Ma più di ogni altra descrizione, o commento valgono alcuni stralci, strappati qua e là, senza una logica precisa. «Ti voglio bene come un'onda». «Non siamo preparati. Le cose accadono di fianco a noi, ci sfiorano. E noi lasciamo perdere, convinti che non ci riguardano». «Parlare fa paura, ma è più pericoloso non parlare».
Chiunque abbia davvero voglia di tentare di capire ha la possibilità di farlo. Lo deve volere. E sono sicuro che Mariangela Cavalli e Will_be (ma non solo loro) si augurano che molti di noi possano decidersi risparmiandosi la pena di un dolore lacerante ed inumano come quello che hanno provato e provano. Non è un libro facile, ma non per questo dovreste evitarlo. «Perché la nostra sola difesa è vivere». (Denis Zuliani - La luna di traverso)
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