La scrittrice Ena Lucía Portela (foto), residente a Cuba e membro dell’Unione Nazionale degli Scrittori e degli Artisti di Cuba (UNEAC), si è dissociata dall’opinione ufficiale del regime cubano e ha firmato per la campagna IO ACCUSO IL REGIME CUBANO per chiedere la scarcerazione immediata e senza condizioni di tutti i prigionieri politici.
Ena Lucía Portela ha scritto in una lettera indirizzata a chi organizza la raccolta delle firme: «Come molti altri artisti e intellettuali cubani residenti sull’Isola non ho accesso a Internet. Posso contare soltanto su questo indirizzo di posta elettronica con uscita internazionale. Non conoscevo il testo della lettera di protesta nei confronti del governo che esprime il pensiero di molti cubani. Tra i firmatari non vedo nessun artista o scrittore residente a Cuba, ma non mi meraviglia perché so quanto costa esprimere un’opinione difforme nel nostro paese. Ma adesso basta. Non posso andare su Internet per apporre la mia firma, ma puoi farlo tu per me. Sono membro della UNEAC, ma dissento dalla dichiarazione pronunciata alcuni giorni fa dal Segretario di questa organizzazione. Aggiungi il mio nome, per favore, e che accada quel che deve accadere».
Ena Lucía Portela è una giovane scrittrice nata nel 1972, nota in Italia per il romanzo generazionale di stampo giovanilistico Cento bottiglie sul muretto (Voland, 2004), molto apprezzato in Francia. La sua ultima opera è il romanzo di largo respiro Djuna y Daniel, al momento inedito in Italia.
Yoani Sánchez ha aprezzato molto il gesto della scrittrice, che ricorda come una donna sincera e libera quando erano colleghe nella facoltà di filologia che frequentavano insieme. La famosa blogger ha affrontato in alcuni messaggi affidati a Twitter il tema del cambiamento a Cuba e della libertà per prigionieri politici.
«Dovrebbero essere molti di più i membri delle istituzioni ufficiali ad avere il coraggio di firmare per la liberazione dei prigionieri politici. Il tempo della storia è diverso dal tempo degli uomini, ma a Cuba sembra non scorrere a nessuna delle due velocità. Viviamo un tempo immobile. In ogni caso chi governa il paese deve rendersi conto che in questi ultimi mesi ha perso anche la poca credibilità internazionale rimasta. Invece di compiere nuove aperture che permettano ai cittadini di associarsi e di esprimersi con maggior libertà il sistema si chiude in se stesso. Fa soltanto pena vedere il grigiore con cui gli attuali dirigenti pretendono di convincere il popolo che è il momento di risparmiare e di fare sacrifici. Ragionano ancora con il linguaggio della guerra fredda senza rendersi conto che viviamo in un’epoca nuova. Sono fuori della storia. Non si illudano che noi cubani crediamo ancora alle loro tristi parole. Non punteremo il dito accusatore in direzione del Nord, ma contro quelle uniformi verde olivo che ci hanno trascinato in questa situazione di degrado. La situazione fa presagire la necessità stringente di un cambiamento ma non è facile dire quando potrà verificarsi. La sola cosa certa è che la libertà è scritta nel codice genetico umano ed è un valore irrinunciabile. Siamo stanchi di vivere sotto la direzione di un governo paternalista che ci tratta come eterni adolescenti da guidare. I figli crescono e diventano adulti; i governanti invecchiano e nessuno può impedire che i giovani se ne vadano con le chiavi di casa. Come in un vecchio bolero, voglio dire a Fidel Castro che tutto quello che rappresenta è entrato nel mio passato, nel passato della mia vita. Il blog mi ha portato insonnia e pace, la perenne inquietudine di sentirmi sorvegliata e la tranquillità di chi non ha niente da nascondere. Il cartellino di nemica del governo cubano non me lo toglie più nessuno, ma sostengo che non sono nemica di nessuno, mi sento solo una cittadina. Noi blogger non siamo oppositori, descriviamo soltanto la realtà cubana, che è così piena di contraddizioni da essere profondamente oppositrice. Il cammino del cambiamento è lungo, ma avverrà e sarà frutto di una protesta popolare, senza bisogno di interventi esterni. Il cambiamento passa necessariamente per una prima tappa di liberazione dei prigionieri politici. Gli artisti e scrittori residenti a Cuba devono impegnarsi a fondo per assecondar il cambiamento. Non è più tempo di girare la testa e guardare dall’altra parte. Gli intellettuali devono riappropriarsi della loro posizione di coscienza critica della società: applaudire e accettare è un triste copione da rappresentare. Non possiamo escludere nessuno che voglia contribuire a costruire una nuova Cuba, perché il risentimento non porta lontano. Dobbiamo accogliere a braccia aperte chi comincia a esprimere opinioni critiche. Se li escludiamo, prolungheremo il ciclo della sfiducia. Dimentichiamoci delle armi: costruiremo la nostra nuova nazione sulle parole e sugli argomenti. Chi ha detto che un paese dipende dai leader carismatici? Abbiamo soltanto bisogno di cittadini consapevoli del loro potere. Senza quel movimento di giornalismo indipendente che ha sofferto tanta repressione a Cuba, noi blogger non saremmo mai esistiti. Richiamo tutte le persone preoccupate per Cuba a non lasciarsi scappare questo momento per dare forma concreta al nuovo paese che vorremmo per i nostri figli».
Gordiano Lupi