Non tornano i conti. È ovvio che chi vi scrive non possa disquisire al pari dei grandi costituzionalisti che si sono dati battaglia negli ultimi giorni. Ciò che è successo è qualcosa di estremamente nuovo e, pertanto, sconosciuto. Così nuovo e sconosciuto da averci lasciati tutti di stucco: da quando in qua si prendono sul serio le “regole”?
Ciò che è venuto allo scoperto per merito esclusivo dei radicali ne è la prova. Le regole sono solo “forma”, su cui, hanno detto tutti, è necessario far prevalere la “sostanza”. Il sentore ce l’avevamo da tempo. Da sempre, forse.
Ma i conti non tornano.
Si legge ovunque che il decreto del Governo, firmato da Napolitano ancora prima di essere stato scritto, ha garantito il diritto elettorale di tutti i cittadini. Questa è la causa e l’effetto del decreto. Ma il problema che si è verificato, ribattezzato odiosamente “pasticcio” come fosse la marachella guasconesca di un bimbo di due anni, proibiva ai cittadini di recarsi alle urne, forse? Il “diritto elettorale” era negato?
Per quanto è dato sapere, no.
Neanche il diritto elettorale passivo, poiché per accedere a tale diritto è necessario adempiere ad alcuni obblighi. Dunque, si nega un diritto agli elettori? No. Si nega loro un’opzione. Anzi: è proprio l’opzione politica a negare se stessa.
Ma queste, si sa, sono solo boutade burocratiche. Che due palle, insomma, ‘sti radicali ficcanaso. Ma davvero pensavano di poter far valere delle leggi in Italia? Davvero questi onirici lottatori della regola si erano messi in testa di farlo?
Siamo seri, suvvia. L’unica cosa che sono stati in grado di fare, questi estremisti del cavillo, è stata quella di confermare ciò che qualcuno sapeva già, ciò che altri sospettavano: le elezioni, in Italia, non valgono nulla. Solo, permettono alla maggioranza donabbondiana e ponziopilatiana di noi di dire: fin quando si vota, la democrazia funziona. Fosse così semplice, la vita.
Gianni Somigli