Marzo 2009
Cari amici, parenti e conoscenti, già da qualche tempo abbiamo superato questa ultima stagione natalizia 2008/2009. Alcuni di voi mi hanno fatto gli auguri che qui ora ricambio riconoscente. Altri non me li hanno fatti perché se ne sono dimenticati. Altri ancora, non me li hanno fatti perché sanno che non sono assolutamente propenso, tanto alle superstizioni che alle figlie di queste, le religioni, per le quali non ho simpatia alcuna. Vorrei qui fare qualche considerazione relativa a fatti che spesso dimentichiamo grazie alla costante, impetuosa grancassa propagandistica, costruita intorno alle cerimonie ed a quelle che si sono chiamate feste pensate ad hoc, per distrarre e ancor più rinforzare il plagio dei cittadini ignari. Già in tempi antichissimi, questo antropoide che noi siamo, iniziando, data la genetica curiosità, ad osservare e poi a pensare, si rese conto non solo del movimento del sole, della luna e delle stelle, ma con queste iniziò a scandire i vari tempi astronomici: giorno/notte, tempi lunari. Inoltre, dall’inclinazione dei raggi, leggendo il comportamento delle ombre in relazione al percorso del sole, dedusse la definizione dell’anno solare e la divisione di questo nelle quattro stagioni: i due equinozi (primaverile e autunnale) e i due solstizi (estivo ed invernale). Il Solstizio invernale è subito apparso essere il riferimento più importante da cui le antiche superstizioni nascenti, le paure e le primitive credenze, prendevano coscienza del tempo. Essendo tale Solstizio definito dal giorno più corto, a questo fu collegata l’idea che in quel determinato momento morisse l’anno che era finito e nascesse quello nuovo, ovviamente con tutte le promesse che ciò poteva portare per migliorare gli anni passati.
Fu questo chiamato il Natale dell’anno nuovo e di tutte quelle cose che ciò avrebbe portato: i Natali, le nascite. L’idea che tornasse il sole e spuntassero le sementi, le derrate, la promessa di scaldarsi e nutrirsi, non poteva essere se non un’idea di speranza che presto si mitizzava e portava i conseguenti sacrifici propiziatori e le feste gioiose che conosciamo dall’antropologia antica. Sono di questi tempi i riti della fertilità che facevano coincidere con l’inizio dell’anno le semine con le successive fioriture tanto del mondo vegetale che di quello dei viventi.
L’idea di sacrificio e di festa che ben si lega all’idea di punizione e di salvazione diventa binomio caro al potere degli sciamani e degli stregoni, dei maghi e delle maghe con tutto quello sviluppo che poi prendono gli oracoli, gli auguri, gli auspici (auspicatori), i profeti e tutti i burocrati delle religioni che avevano nel tempo imparato quale categoria di proventi, di benefici e autorità queste faccende significassero; con poco lavoro si otteneva grande potere.
È in questa prospettiva che i Natali diventano sempre più importanti con lo svilupparsi delle filosofie primitive e non solo. Voglio qui ricordare che uno dei fatti principali del pensiero si costruiva intorno all’idea di viaggio; allora non si sapeva che tutto il nostro pianeta non era altro che un’astronave in viaggio attraverso gli spazi siderali, portandosi dietro tutto il suo carico più o meno prezioso; ma si sapeva che così come gli astri, il sole e l’anno, si nasceva e si moriva. Ed ecco che il concetto di viaggio diviene fondamentale ben prima di Ulisse e di Dante Alighieri; tutto veniva riferito ai viaggi. Non importa raccontare le storie di Ercole, Giasone, Perseo e tanti altri miti e leggende, ma tutte le iniziazioni, anche dei più primitivi, erano basate sul viaggio: percorsi più o meno materiali da eseguire in determinate circostanze, con particolare difficoltà, pericoli e prove di tutti i generi. L’iniziazione nelle tribù primitive ebbe lo stesso significato che fu dato successivamente, perdendone la comprensione, ai vari tipi di battesimi. Erano questi il far passare non solo un infante, ma chiunque, attraverso il foro naturale prodotto tra le radici e il tronco di un albero o di una roccia, che significava il passare da uno stato ad un altro, fino ad arrivare al punto di sotterrare un corpo vivo per, dopo un certo tempo, dissotterrarlo (si spera qualche volta ancora vivo!). Esorcismo questo della morte e della resurrezione, così come fu l’immergere un corpo nell’acqua e farlo quindi riemergere; poi bastò una spruzzatina d’acqua sulla testa.
In tutte le religioni si trovano simili riti: iniziazione, viaggio, esorcizzazione, trasformazione, transustanziazione, etc. In questa prospettiva molte divinità furono fatte nascere in corrispondenza a determinate ricorrenze ed in particolare, coloro che avrebbero dovuto vincere le elezioni, nacquero nei giorni del solstizio invernale. Nelle tradizioni più antiche, accade, nel passaggio da una religione all’altra l’utilizzo di alcuni aspetti della precedente, anche per non renderlo troppo traumatico. Nel caso del Cristianesimo le origini si fanno risalire a varie tradizioni, fra le quali la più evidente fu quella di Mitra. Il Mitrismo fu religione che ebbe successo tra le milizie romane, e tramite queste, ebbe larga diffusione creando terreno fertile per la propagazione del Cristianesimo.
Tali credenze coincidono con le storie cristiane in quanto anche Mitra nasce da una vergine in una grotta, il venticinque Dicembre, ed ha una storia quasi parallela a quella di Cristo, che comprende significati apollonici propri degli dei solari. Vogliamo qui aggiungere che cerimonie e feste appartengono ad una geniale invenzione che nei tempi ha sfruttato il bisogno delle genti di esorcizzare le paure, di sviluppare l’eccitazione della speranza e di dimenticare ed esorcizzare tribolazioni e paure con prospettive di salvezza. Panem et circenses fu un’affermazione la cui importanza non si è forse ancora capita. Ciò sta nel fatto di distogliere l’attenzione di coloro che ignorano, che non sanno, ma ai quali vengono fatte credere cose la cui realtà è tanto dubbia quanto improbabile, così come lo sono le tante differenze in luoghi diversi fra tutte le credenze, che ci vengono generalmente fatte dimenticare o ignorare per la mancanza di richiami e di informazioni. Il dare significato alle cose irreali lascia le genti senza punti di riferimento al contrario di quanto si dice, perché nonostante la stragrande quantità di rappresentazioni si tratta solo di immagini, e fra l’iconografia e la magia il terreno scivola sotto i piedi fino a scomparire.
Propria di molte culture era la sostituzione del reale con l’irreale distogliendo l’attenzione da quello, anzi, volgarizzandolo e creando la cultura della colpa e quindi della successiva punizione, del peccato e della salvazione. Mentre i potenti, e fra questi in primis i sacerdoti, si godevano i beni terreni, agli indigenti si promettevano paradisi e felicità nell’irreale. Nei tempi, le genti educate all’inesistente, hanno perduto il contatto con il loro habitat naturale – il reale – ed hanno vissuto vite falsificate. L’idea del Panem et circenses è quello aspetto infatti che consente momenti di vacanza e di speranza, dagli antichi gladiatori ai contemporanei tifosi del pallone e delle telenovelas, alle genti affogate in quegli aspetti terribili della religione.
Panem et circenses significa dare quel minimo indispensabile di cibo agli indigenti, agli schiavi, ai servi, cioè a quella plebe che potrebbe divenire un pericolo sociale, come in effetti a volte lo è stata. Circense è quella scheggia di distrazione che viene gentilmente concessa di tanto in tanto: il riposo della domenica, magari usato non solo per andare in Chiesa ma anche per provvedere a benefici per i potenti, come tutte le “Feste Comandate”, create con la specifica funzione di indottrinare e soggiogare. Oggi, dopo tre secoli di illuminismo (che fra l’altro si vogliono cancellare), ai fenomeni del divagare e del proselitare si sono aggiunti quelli del consumismo. Agli antichi pulpiti si sono aggiunti i Media e le varie tecniche della comunicazione, che sono state ampiamente sfruttate in forme più utili alle multinazionali come ai parroci ed ai vescovi. Il consumismo ha portato l’interesse della cultura nella direzione del reale, costituendo una sfida nei confronti del religioso. Le religioni hanno snaturato la natura ed il consumismo la sta distruggendo. Che disastro! Del bambino nato nella grotta e poverino asfissiato dal fiato della mucca e dell’asino ed assordato dalle trombe degli angeli, ed illuso dai regali dei magi, non si vede più la promessa di salvezza, per quanto per la maggioranza degli indottrinati questo signore mantenga molta autorità. L’allargarsi delle conoscenze ci ha distratto dai plagi delle credenze, in quanto l’informazione si è arricchita mostrando, creando dubbi e contraddizioni. Fra le tante storie di Natali, nelle nostre tradizioni occidentali si narra di un primo Dio, Eros (il sesso è sempre stata una fissazione), dalla provenienza sconosciuta, il quale si coniuga con Gea. Da questa unione nasce Urano, che non si sa come ottiene la successione divina, ma si dice che prendesse per moglie la madre Gea.
Gea indusse il figlio Chronos ad uccidere il padre Urano, così compiendo con il precedente incesto anche il primo parricidio e theocidio della leggenda.
È ben noto oggi come miti, leggende e storie religiose, si siano nutrite dalle esperienze umane dove i figli uccidevano i padri (Re o altri) per sostituirli nel godimento dei beni e che ugualmente, spesso, i padri, uccidessero i figli per paura di essere da questi uccisi. Tali fatti si possono collegare alle arcaiche uccisioni dei Re di Maggio e poi di altre divinità, sacrifici che tali non erano ma che volevano sostituire al divino invecchiato un divino più efficiente e robusto, per ottenere ciò che gli veniva richiesto (quando ancora le divinità non erano eterne!).
Chronos si mangia i propri figli per questa ragione e la moglie Rea, salva l’ultimo di questi, Giove, che diviene il nuovo Dio. È interessante notare la similitudine con il nome di Geova (Yavhee) che fa pensare siano questi due Dei la stessa persona. Se ciò fosse, allora Gesù Cristo sarebbe il quarto pargolo della theogonia occidentale: figlio di Giove, nipote di Chronos, bisnipote di Urano e trisnipote di Eros!
È difficile oggi accettare gli enormi costi e gli effetti della distrazione di tutte le diatribe del surreale e del costruito da questi signori che ci impongono le cose che pare che i loro Dei richiedano. Polemiche e lotte (come le dispute etiche e simili) distraggono dalla vera cosa reale che è la bomba demografica e la conseguente distruzione del pianeta.
Interessi miopi ed egoistici, come sempre oscurano le realtà creando immaginari irreali. Ma intanto noi consumiamo le nostre energie mandandoci auguri che oggi appaiono assolutamente fuori posto e ce la godiamo spendendo capitali enormi che ben altrimenti potrebbero essere utilizzati. Innumerevoli sono le inutili spese: fuochi d’artificio (le esplosioni delle nostre ignoranti impotenze), gli scoppi dei petardi, le candele, le luminarie, le palle colorate, i nastri d’oro, d’argento e rossi, i regali imposti, per non parlare dello spreco di cibi e bevande, e tutte quelle altre decorazioni kitsch e certamente di cattivo gusto come i Presepi, i Babbi Natali che solcano i cieli su slitte trainate dai cervi (il carro del sole nordico?), le streghe che invece percorrono gli spazi a cavallo di scope… e simili castronerie.
Intanto il pianeta scoppia.
Vittorio Giorgini