Giacinta aveva sette anni, quando, alla Cova da Iria, in Portogallo, assieme al fratello più grande e alla cugina, incontrò una bella strana signora un po' cinica, un po' sadica, la quale prese di mira i tre bambini e chiese loro di fare sacrifici a vantaggio dei peccatori. Evidentemente non conosceva bene il Vangelo, dal quale si evince con facilità che Gesù mai e poi mai si sarebbe sognato di chiedere sacrifici ai bambini. Del resto Gesù non chiese a nessuno sacrifici a vantaggio dei peccatori. Ma la bella signora queste cose non le sapeva. Terrorizzò i piccoli con visioni infernali, annunciò che Francesco e Giacinta sarebbero morti presto, e chiese loro di portare il cilicio sulle carni solo di giorno; la notte no, perché Gesù non voleva. Se la profezia della morte non si fosse avverata, la signora avrebbe fatto una figura tapina, e probabilmente non sarebbe mai diventata la Madonna di Fátima, e non avrebbe salvato Giovanni Paolo II, deviando appena un pochino la pallottola sparata da Mehmet Ali Agca. Francesco e Giacinta dovevano morire presto. E presto morirono. In quel periodo, anche a causa della spagnola, l'epidemia che fece milioni di vittime, i bambini morivano come le mosche d'inverno. Fu, infatti, la spagnola a uccidere Francesco. La malattia durò sei mesi. Sembrò riprendersi, ogni tanto, e poi, il 4 aprile 1919, quando la primavera portoghese spandeva già nell'aria i suoi profumi, lasciò questo mondo. Le cose andarono assai peggio per la povera Giacinta. Ebbe a soffrire più del Cristo in croce. A differenza di Francesco, era riuscita a riprendersi dalla spagnola. Ma destino volle che tornasse a letto, dopo breve tempo, a causa di una pleurite purulenta. E forse si sarebbe ripresa anche da quel malanno, se non avesse creduto fermamente alla bella signora della Cova. Era persuasa che dovesse soffrire a lungo per la conversione dei peccatori. Aveva sete, tanta sete, ma per fare sacrifici a favore dei peccatori, non beveva. Spesso rinunciava ai cibi che le piacevano, e mangiava a forza quelli che non erano di suo gradimento. In preda ai dolori, non cambiava posizione nel letto, per non provare un po’ di sollievo. La pleurite, intanto, le aprì una vasta dolorosa piaga nel petto. I medici consigliarono di ricoverarla nell’ospedale di Vila Nova de Ourèm. Il 1° luglio 1919, lasciò la sua casa, in groppa ad un asino, accompagnata dal padre Manuel Pedro Marto. Però due mesi d’ospedale non portarono nessun giovamento alla bambina, così che il padre decise di riportarla a casa. Altre pene l'aspettavano. Se l'avessero lasciata a casa forse sarebbe guarita. Chissà. Si era all’inizio del 1920, quando una visita inaspettata parve portare qualche speranza in casa Marto. Era giunto il canonico Formigao, in compagnia del professor Lisboa, il quale, visitata la bambina, insisté perché fosse ricoverata urgentemente nell’ospedale di Lisbona. Ma l'ecclesiastico era preoccupato della salute di Giacinta, oppure della possibilità che la profezia non si avverasse? Certo è che la bimba anziché essere immediatamente ricoverata in ospedale, trascorse ben dieci giorni nell’orfanotrofio di Nostra Signora dei Miracoli. Quando entrò nell'ospedale "Dona Estefania", le sue condizioni erano disastrose, atroci le sofferenze, ed i medici decisero di ricorrere all’estremo rimedio: l’avrebbero operata. Poiché la malata non era nelle condizioni di sostenere un’anestesia totale, si praticò quella parziale, con conseguenti maggiori patimenti, ai quali si aggiunse l’angoscia di vedersi nuda fra le mani dei medici. Un giorno, piccola com'era, aveva detto: "I peccati che portano più anime all’inferno, sono i peccati impuri". Non perse la purezza, bensì due costole sul lato sinistro del torace. Dopo l'operazione, a chi cercava di consolarla, rispondeva secondo i precetti della signora della Cova: "Tutti dobbiamo soffrire per andare in paradiso". Morì, persuasa di questa verità. E se n’andò in solitudine, senza neppure il conforto del viatico, che aveva chiesto con insistenza. Era la sera del 20 febbraio 1920. La profezia si era avverata.
Miriam Della Croce