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   22-05-2008
Il soggetto è movimento a deriva

“Celui qui critique ou repousse le jeu, est déjà entré dans le jeu » (Blanchot)

“La poesia è sana perché naviga liberamente in un mare senza confini; la ragione cerca di traversare quel mare senza confini e gli pone dei confini. Il risultato è l’esaurimento mentale. […]. Accettare tutto è un esercizio, comprendere tutto è uno sforzo. Il poeta desidera solo l’esaltazione e l’espansione, un mondo per distendervisi; gli piace vedere la sua testa sollevarsi nel cielo. Il logico pretende di rinchiudere il cielo nella sua testa; e la testa scoppia.” (Chesterton)

“Si scrive forse quando si vede alla fine tutta la mancanza, tutta la pienezza nell’istante, quando spinge qualcosa nel corpo, nelle parole.” La scrittura ha un rapporto solo con la morte, ma una morte già avvenuta; “Si scrive forse per nascere ogni volta, per ricordare tutto ciò che vive”. Tutto quello che non può vivere se non morendo, facendosi corpo e entrando nella memoria e nella scrittura. “Vivendo di morte, muore vivendo”. “Scrivere per non morire, per non perdere di vista l’imperdibile, irresistibile fondo, invisibile mondo, fuoco disperso”. Quel fondo che è il mondo, “irresistibile fondo, invisibile mondo”, piano da cui si risale fino all’ultimo pronunciamento, il “disastro”, la frase infinita che si dipana in un istante, senza memoria della totalità, lontano dagli astri. “Si scrive forse quando si vede alla fine tutta la mancanza, tutta la pienezza nell’istante”, a quale mancanza si riferiscono le parole, i concetti, a un universo, a una natura, a un cielo nel crepuscolo della presenza, presenza che ci eccede. L’universo-tempo non è, ma c’è un “qui”, un istante unico, irripetibile e sempre atteso, “patience de la parole veillante” scrive Blanchot.

« Ainsi la patience du désastre nous amène-t-elle à ne rien attendre du ‘cosmique’ et peut-être rien du monde […]. La longue, l’interminable phrase du désastre : voilà ce qui cherche, formant énigme, à s’écrire… . […].
Le désastre, rupture avec l’astre, rupture avec toute forme de totalité, sans cependant dénier la nécessité dialectique d’un accomplissement, prophétie comme simple événement à venir, ouvrant, toutefois, découvrant la patience de la parole veillante, atteinte de l’infini sans pouvoir, cela qui ne se passe pas sous un ciel sidéral, mais ici, un ici en excès sur toute présence…» (Blanchot)

Soggetto che vacilla interrogandosi sull’essere, ma si tiene in salvo scegliendo un luogo immutabile, dove tutto è già definito ma nulla è previsto; ciò che avviene è la presenza, la mia sconvolgente presenza a me stesso. Così non avrò più da dire ciò che è, ma da assumere i piccoli impercettibili mutamenti del reale, avvenimento nel cuore dell’essere, ma inattesi da sempre. La parola sopravvivrà a un evento senza futuro, l’accoppiamento impossibile fra l’essere e il nulla, la pienezza d’essere e il vuoto d’essere, “entre le vide et l’événement pur”. Il fiore appassito non è più quello che era, ma mantiene sempre il suo nome; questo nome si chiama “verità”, la sua lingua è la poesia.

Mallarmé scrive "rien n'a eu lieu que le lieu" (niente ha avuto luogo oltre il luogo). E Descartes precisa che se sono qui o lì, è perché sono in relazione con il mondo esterno, con parti dello spazio. La superficie può mutare o essere la stessa, posso occupare un luogo o un altro luogo. Siamo esseri in movimento. “Il soggetto è movimento a deriva”.


alfredo   
 
   18-05-2008
Brava ..! Stefania
Essere grandi significa "partire"
Partire significa "andare lontano"
Andare lontano significa "ritornare"

Grazie per averci "donato" questo viaggio..
S.   
 
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