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In questa pagina : da 1 a 4 | 14-01-2007 | Torno sul "Calamaro degli Abissi" perchè m'intriga.
La prima evidenza per me, oggi?:
KA LA MARU, 'anima va oltre Maru -il giudice etrusco (Virgilio per noi, Maro)'- di
AB ZU, l'abisso, l'assurdo dei primordi.
-Passi dall'italiano all'etrusco fino al sumero?, ma, sei pazzo!-.
Il calamus/calamo è la penna per scrivere -in latino-, che si può leggere KA LA MUS, KA LA MU anima va oltre il nome (MU), il costume (mos), l'uso. Non è più in uso nè il calamo nè il calamaio: è assurdo parlarne ancora perchè non si usa? Troppo retrò?
-Fino a calamario, pertinente alla penna per scrivere, ti seguo. Dopo, no!-.
Ma, al posto del nome (MU), in KA LA MU -l'anima va oltre il nome- mettiamo il nome di ruolo, o il cognomen di Virgilio -Maro- ed abbiamo: KA LA MARO, l'anima va oltre Maro. Grazie a lui, che ha scritto tanto (e bene: è il miglior autore latino che io conosca! Lo metterei ad emblema alla prossima TERRA MADRE: V. Maro madrelingua etrusco - massimo latinista), possiamo andar oltre, una volta che abbiamo deciso di leggere bene il suo cognomen.
Mi pare però che tutti temano di fare la fine di Laocoonte (avvinto da un calamaro? -a lolligine?-): e se arrivano i controllori di superficie e mi 'sputtanano'?.
Questo temi, vero?
Così il calamaro s'immerge negli abissi e resta rimosso!
Per sempre?
Speriamo di no! Carlo Forin | 12-01-2007 | C'e sempre qualcosa che sta in profondità nell'animo umano, qualcosa di mostruoso, di diabolico, di devastante.
Cio' che fa emergere questa creatura dalle profondità marine, non è la desolazione del vuoto, ne la l'angoscia della solitudine o il bisogno di cibo, ma solo il desiderio di luce.
La superficie non è che la metà del viaggio, la consapevolezza del proprio esistere. la superficie è ritrovarsi in piazza con tanti amici.
Percio' caro calamaro ti augurodi non rimanere rimanere imbrigliato dei tuoi stessi tentacoli e nemmeno di lasciarti affascirare dall'abisso.
Il calamaro di cattivo ha soltanto l'aspetto. nat | 01-01-2007 | In tema di bestie marine come il Calamaro Gigante, un “predatore” ma del web in questa occasione, nella cui rete ci sono capitato anch’io per le mie originali concezioni matematiche, approfitto per dirne un’altra a riguardo, ancora allo stesso modo. È il mio "tentacolare" di Capodanno, mi si consenta. Si tratta di un parallelo scientifico, giusto in relazione al Gesù Bambino del passato Natale, che mi valse l’elogio di un noto valente matematico. Ma ecco il fatto che potrebbe far capire come vanno le cose dei predatori e prede del mare, animali che potremmo anche virgolettare.
«La biomatematica, ovvero le probabilità di preda e predatori» del fisico matematico Vito Volterra, in particolare gli «studi analitici su habitat, animali e attività umane» per la «messa a punto per calcolare il punto di equilibrio fra specie diverse, ma legate fra loro dalla catena alimentare», mi hanno portato ad ipotizzare l'idea espressa di seguito. Il fatto saliente di riferimento alla suddetta biomatematica, che si rifà alla relativa, cosiddetta, «legge di perturbazione delle medie» portata agli estremi, fa concludere che si presenta «la possibilità di un equilibrio con l'esaurimento della specie predatrice: la popolazione predatrice si esaurirebbe grazie alla pesca, mentre le prede raggiungerebbero un equilibrio». Qui si esaurisce il fatto scientifico, ma riflettendo sul “fattore” umano della «pesca», moderatore del supposto rapporto fra prede e predatori animali, con un sobbalzo, sono stato portato a trascenderne la funzione, intravedendovi la dimensione umana, anch'essa divisa fra “prede” e “predatori”. Da qui un altro sobbalzo, molto più significativo, mi ha lasciato intravedere la profondità ed importanza inimmaginata della missione del Cristo evangelico che si dispone a “trasformare” i suoi apostoli in «pescatori d'uomini» dopo il suo battesimo nelle acque del Giordano ad opera di Giovanni Battista, così come riportato, con estrema chiarezza, nei Vangeli di Matteo e Marco (Mt 4,19 e Mc 1,17).
Gaetano Barbella | 01-01-2007 | Un calamaro degli abissi potrei essere io. Io, che pesco negli abissi della memoria e, a volte, dubito che gli abissi siano invece in superficie. Quando, ad esempio, dalla superficie mi arrivano echi di confusione laicista godo della mia solitudine. Quando, invece, mi arriva la notizia che non hanno pescato ancora il colpevole, o i colpevoli, di quella mascalzonata di inserire di straforo nella finanziaria la depenalizzazione dei reati pubblici alla contabilità, allora mi prende la furia di riemergere alla svelta per inseguire con una mannaia i rei. Non è staccata, ancora, la spina del presente con gli abissi. Come scriveva sant'Agostino, il passato ed il futuro non esistono, esiste l'oggi, l'attimo fuggente. Becchiamo quei mascalzoni allora, prima che fuggano alla memoria dei più. E poi, pensiamo anche alla memoria, all'assurdo < absurdu =absu urdu, urdu AB ZU, l'abisso delle origini! Da lì veniamo, ed esserne consapevoli aiuta ad andar oltre serenamente, senza perderci in modo tentacolare. Carlo Forin | | 1 | |
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