01 Giugno 2025
Mentre da noi è bastato poco a sollevare rumore per qualche innocua scritta tracciata sulle strade del Giro d’Italia contro la strage della popolazione palestinese, per scuotere le coscienze dell’opinione pubblica sulla tragedia vissuta nella striscia di Gaza sono occorsi 20 mesi e più di 54mila morti tra i palestinesi, in gran parte donne e bambini. Ci sono volute le immagini televisive delle città rase al suolo come se fossero state colpite da una bomba atomica, degli ospedali distrutti, delle immense tendopoli, dei bambini sfiniti in cerca di cibo, delle folle di disperati che implorano aiuto nei pochi centri di distribuzione delle vettovaglie perché l’Europa e l’Italia si accorgessero che a Gaza è in corso un’ecatombe.
Negli ultimi giorni si stanno susseguendo dichiarazioni allarmate di leader finora convinti che nella striscia fosse in atto solo qualche combattimento tra l’esercito israeliano e Hamas, una questione prima o poi risolvibile. L’Alto rappresentante dell’Ue, Kaja Kallas, che due mesi fa era in Terra Santa a ribadire il diritto all’autodifesa di Israele, adesso si è messa a tuonare contro l’intollerabile e sproporzionata operazione militare che miete vittime a Gaza. Dal canto suo la presidente della Commissione europea, Ursula von der Leyen, pure lei risvegliata dal letargo, ha definito azioni abominevoli quelle compiute a Gaza, dopo che un suo autorevole connazionale, il cancelliere tedesco Merz, aveva avuto a sua volta un sussulto di umanità dichiarandosi sconvolto dalla spaventosa sofferenza della popolazione civile. In Italia l’ineffabile ministro degli Esteri Antonio Tajani, autoproclamatosi ’uomo di pace’, ha avuto un’improvvisa illuminazione sulla via di Gaza, non di Damasco, affermando che la campagna lanciata dal governo di Netanyahu (testuale) “sta purtroppo assumendo forme assolutamente drammatiche e inaccettabili”, come se fino a qualche settimana fa non succedesse nulla di veramente grave. Forse l’ex politico monarchico e gli altri pseudo Gandhi europei non hanno mai visto le immagini riprese dai droni sulla striscia ormai ridotta a un cumulo di macerie nel timore che ogni edificio fosse un covo di Hamas, e neppure i video dei bambini bruciati o fatti a pezzi dalle bombe. Non hanno nemmeno sentito le testimonianze che dimostrano come le ragioni di Israele non giustificano la carneficina in corso a Gaza, ad esempio quelle dei medici occidentali che denunciano i cecchini israeliani quali assassini di diversi bambini e non solo, perché i soldati di Tel Aviv hanno ammazzato anche due ostaggi che erano riusciti a sfuggire ai terroristi di Hamas, scambiati per nemici sebbene parlassero ebraico e avessero in mano una bandiera bianca. E sono rimasti inascoltati anche i rappresentanti delle organizzazioni internazionali che chiedono da tempo di fare qualcosa per fermare il massacro in corso, mentre Bezalel Smotrich, ministro delle Finanze israeliano, annuncia impunemente che Gaza sarà completamente distrutta e i suoi abitanti saranno cacciati e il deputato Tzippy Scott può esultare in tv del fatto che Israele riesce a uccidere cento palestinesi in una notte tanto non importa a nessuno, una tragica ma palese verità.
Mi tornano alla mente le parole di un conoscente ebreo che, a distanza di oltre 50 anni dalla sua partecipazione alla cosiddetta ’guerra del Kippur’ del 1973, ancora oggi sostiene che per risolvere il problema occorre sterminare il popolo palestinese, opinione condivisa da buona parte dell’opinione pubblica israeliana che in realtà sostiene senza riserve Netanyahu. D’altronde molti leader europei forse non si sono resi conto che Donald Trump ha ormai sdoganato la pulizia etnica col suo piano per trasformare la striscia in un resort e magari Tajani & c. non si sono accorti che le stesse famiglie degli ostaggi israeliani stanno denunciando da tempo il governo di Netanyahu in quanto non ha alcun reale interesse a liberare i loro cari, e cerca invece una scusa per portare avanti i suoi piani di annientamento di Hamas. Può anche darsi che i leader europei siano distratti e troppo concentrati nel tentativo di fermare l’invasione dell’Ucraina con un altro pacchetto di sanzioni, ad oggi ben 17 a fronte del nulla disposto contro il governo di Netanyahu a parte l’avvio della ’revisione’ dell’accordo di associazione con Israele. Nel frattempo politici e commentatori si infervorano nel dilemma se quello in corso a Gaza sia un genocidio o no, come si trattasse di una discriminante, e la disperazione, la distruzione, la fame e la morte, delle cui immagini siamo inondati ogni giorno, fossero giustificabili nel caso non si avesse a che fare con una nuova shoah. Di sicuro è importante che l’Occidente sia finalmente convinto che a Gaza è in corso un massacro, e l’auspicio è che alle parole seguano le pressioni e i fatti per fermarlo. Resta la repulsione per un’ipocrisia mista a incoerenza da parte di chi adesso si erge a paladino dei diritti umani universali, quando fino a poco prima assisteva all’orrore senza battere un ciglio.
Guido Monti |