Gianni Somigli. Parole
A Roberto Saviano, e alla bellezza dell’inferno
 
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   14-11-2009
Le parole sono proprio squarci di luce nell'inferno che viviamo. Perciò devono essere poche e luci. Nessuna indulgenza per un crogiolamento nel caos luce-buio. E' semeiotica, confusione, senza nulla di romantico!
Carlo Forin   
 
   12-11-2009

Mi ricollego a questo articolo toccante di Gianni Somigli, che ringrazio e aggiungo alcune espressioni a ricordo di questa serata eccezionale.
Se solo ci si potesse fermare per un attimo e ascoltare, tutto sarebbe diverso; forse il mondo cambierebbe, se ci fermassimo più spesso ad ascoltare parole che toccano il cuore e che diventano risveglio per il pensiero assopito, dimentico, indifferente. Questo è stato il racconto di Roberto Saviano.
Mercoledì 11 novembre, Rai Tre ha ripreso, con il racconto di Roberto Saviano, ospite di Fabio Fazio, un filo con gli ascoltatori da tempo interrotto, quello della comunicazione come informazione, perché si risvegli in ognuno la coscienza del sapere come diritto e come dovere.
La serata ha toccato punte di eccellenza nel ricordo di “tanti nomi” spesso sconosciuti o poco ricordati.
Da tempo ormai ci eravamo disabituati all’ascolto di temi veri, reali e toccanti, ma il racconto di Roberto ci ha inchiodati in religioso silenzio e la “parola” è diventata strumento per far rivivere tanti intellettuali, scrittori, giornalisti e giovani manifestanti, che in ogni parte del mondo sono condannati, martoriati, incarcerati, torturati, perché scomodi, e uccisi, nella maniera più turpe che si possa immaginare. Come dimenticare quel giovane che non sa di avere un’anima e che scopre di possederla quando gliela chiedono; non aveva una protesi da dare, come gli altri, ma l'anima no, non può cederla; la richiesta più volte ripetuta diventa per lui un viaggio dentro se stesso, non cederà la sua anima perché è la sua identità. Come dimenticare i bimbi ceceni lasciati morire di sete e la mamma col seno pieno di latte che col cucchiaio ne fa bere qualche goccia, pur di salvare qualche vita, e l’orrore della Siberia, e lo stupro della ragazza iraniana, violentata con l’utero traforato e l’ano sfondato la cui sola colpa era di manifestare per il diritto alla felicità della vita; e la grande lezione di Danilo Dolci.
Roberto Saviano ci ha inchiodati,con un susseguirsi di storie tratte dai libri che sparsi sul tavolo, sono diventati veicoli di verità tra lo scrittore-narratore e il lettore-ascoltatore, affinché tutti sapessero la triste realtà quotidiana. Nulla ha nascosto di ciò che di più turpe è legato alla mafia e alla camorra che minacciano quotidianamente il nostro territorio: lo deturpano, lo infangano, lo violentano.
Chi potrà dimenticare il canto di Miriam Makeba, morta a Castel Volturno, i cui familiari diranno: Miriam è morta in Africa e tutti sappiamo perchè. Una serata intrisa di luci e ombre come è la realtà stessa del mondo in cui viviamo.
Nel racconto, siamo stati ripetutamente accomunati a Roberto nell’emozione che si leggeva sul suo volto e che traspariva dalle sue parole; un nodo alla gola ci ha accomunati, nel ricordo del sacrificio di giornalisti, scrittori, intellettuali uccisi, perché credevano in un’idea, perché parlavano di verità, di diritti, di felicità, di un mondo violento, di offese alla dignità; uccisi e violentati perché denunciavano, perchè diversi, perché omosessuali e Roberto non poteva non citare Federico Garcìa Lorca, preso nella sua casa di Granada e fucilato perché scrittore, perchè scomodo al regime, perché omosessuale.
Grazie Roberto.

Anna Lanzetta   
 

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