Valter Vecellio. La situazione: il presidente della CEI detta le condizioni del Vaticano
Il governo Berlusconi risponde signorsì
 
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   23-09-2009
Anche se non ho il testo commentato sott'occhio, mi pare che questa analisi sia saggia e disincantata, soprattutto perchè tiene conto di chi siano gli Italiani di oggi.
Grazie,

Carlo Forin   
 
   22-09-2009
Bagnasco vorrebbe imporre lo “Stato etico” confessionale. Rosario Amico Roxas

La confusione mentale che domina il panorama sociale in generale e politico da una parte e confessionale dall’altra, viene alimentato da interpretazioni di parte che non possono condurre ad alcun risultato.
Una medesima frase può mutare significato se “detta” e non scritta, in quanto interviene la teatralità dell’esposizione per cui il significato sta nella mimica più che nel contenuto.
Ma quando una frase è scritta i margini di interpretazione rimangono legate al significato intrinseco delle parole. La Chiesa è maestra in ciò; quando viene predisposta un0’enciclica vengono analizzate le parole singolarmente, cambiate, modificate; la punteggiatura segue una ingegneria espositiva minuziosa e attentissima, per cui nulla è lasciato al caso o all’improvvisazione interpretativa.
Oggi il cardinale Bagnasco detta le condizioni per concedere una tregua d’armi a questo governo che ha improvvisato una scaramuccia, ritenendosi all’altezza di reggere lo scontro e, magari, tentarne anche altri, perché i personaggi che identificano e qualificano questo governo hanno moltissimo da farsi perdonare nella dimensione etica. La Chiesa ha solo esibito le sue poderose armate, pur non movimentandole operativamente… mi sembra di rivedere fra Cristoforo, con l’indice alzato minacciare….guai a voi…!
La minaccia della Chiesa coinvolge il mondo cattolico, ma non come persone, bensì come elettori, e questo atterrisce la cavalleria governativa, che si sente disarcionata e con il sedere per terra.
Bagnasco impone le sue condizioni, intimando che lo Stato etico” non si tocca.
Qui sta il “busillis”, che tormenta la reciprocità della comprensione, proprio come quel “busillis” che tormentò i letterati medievali, fino a quando uno studentello non pensò di collegare la frase che iniziava con “busillis” con l’ultima parola del rigo precedente “indie”; bastò sillabare diversamente ciò che un amanuense aveva erroneamente scritto “ "indie busillis magnis plenæ” (di incomprensibile traduzione, diventando: "in India c'era abbondanza di grandi busillis), in “in diebus illis magnis plenæ" (in quei giorni vi era abbondanza di grandi cose); così , oggi, mi appare l’appello allo Stato etico di Bagnasco, che non chiarisce, se non a suo modo, il significato di “Stato etico”.
Se fossimo in uno Stato teocratico, oppure nei medievali possedimenti del Vaticano, con l’Inquisizione molto attiva, troppo attiva, allora l’eticità dello Stato sarebbe in mano al dettato confessionale, pena il rogo “purificatore”; ma siamo in uno Stato laico che rispetta e deve rispettare indistintamente tutti i cittadini e fornire a tutti quella mole di diritti e di doveri che pareggiano i conti con le differenze. L’appello di Bagnasco crea solo confusione tra il concetto di “reato” di pertinenza dello Stato, con quello di “peccato” di pertinenza della Chiesa.
Non può esserci interscambio tra i due concetti, perché preposti a dominare ognuno il proprio ambito. L’imposizione di Bagnasco interferisce nei rapporti dei diritti e dei doveri, imponendo che il “peccato” considerato tale dalla Chiesa, venga inteso dallo Stato Etico, come reato, negando la parità dei diritti e dei doveri a tutti i cittadini. La Chiesa può e deve indicare ciò che, dal suo punto di vista, va inteso come peccato e proibirlo ai fedeli, ai credenti, e basta, deve fermarsi lì, perché oltre c’è l’intromissione nelle decisioni responsabili di uno Stato laico che interpreta l’eticità come rispetto delle legge, le quali leggi devono rispettare tutti i cittadini, senza creare distinzioni confessionali.
Il peccato che diventa reato non sancisce l’eticità di uno Stato, bensì codifica l’alterazione dei rapporti tra lo Stato e i cittadini, ivi compresi quelli di altre religioni, gli atei, i miscredenti.
La religione musulmana, ormai in poche nazioni, permette la poligamia; è giusto che lo Stato lo proibisca, ma non in obbedienza al dettato religioso, bensì in ossequio alle sue stesse leggi che la poligamia puniscono. Lo Stato può e deve intervenire quando una scelta contrasta con il diritto sancito dalle leggi, governate da una Costituzione.
Il diritto canonico non è legge dello Stato e non c’è Concordato che tenga, le due sfere non devono e non possono sovrapporsi; i limiti di ciascuno terminano lì dove iniziano i limiti dell’altro, altrimenti emerge solo la confusione.
L’altro esempio che emerge riguarda la pretesa inversa, cioè del reato che tale non dovrebbe essere considerato, per essere ridotto a semplice peccato che la Chiesa stessa amministra e assolve, come è capitato con la pedofilia dei preti americani e la lettera “crimen sollicitationis” reiterata da Ratzinger, e per questo inquisito penalmente da un tribunale americano per intralcio alla giustizia.
Quindi la Chiesa vorrebbe che il peccato (coppie di fatto, divorzio, pillola abortiva, cellule staminali etc.etc.) sia inteso come reato, mentre il reato dovrebbe essere ricondotto nell’alveo del confessionale, proprio esattamente come nella Chiesa medievale, con la minacciosa presenza dell’Inquisizione.

Rosario Amico Roxas   
 

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