Lidia Menapace. Mi spiace che non ce l'abbiamo fatta
Ma la situazione non consente di dare spazio a recriminazioni
 
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   09-06-2009
Riflettere per non soccombere

Che cosa si sperasse da queste votazioni è difficile dirlo ma la risposta più ovvia, è “niente”, niente di diverso da ciò che eravamo se non ancora un passo indietro. Ma al di là dei risultati, il dato che lascia l’amaro in bocca è l’ “astensionismo” che si tramuta in “indifferenza”.
La politica è la matrice-cuore di un paese, è l’anima di un popolo. Se abbiamo lottato tanto per ottenere il diritto al voto fino alla partecipazione delle donne, è perché credevamo nella sua importanza a livello individuale e collettivo, per concorrere insieme alla crescita del paese.
Oggi l’astensione è il segno di un grave e pesante disagio che investe tutti, un malessere che attanaglia il paese stanco di vedersi utilizzato, strumentalizzato per scopi tesi a deluderlo nei suoi bisogni più elementari.
Quando in un paese la cultura tace, il paese muore e ancora più triste è l’agonia se sentiamo che in noi stanno venendo meno quei supporti ideologici: fondanti e fondamentali per il nostro paese.
C’è una dissociazione in atto tra individuo e paese; cresce a dismisura la delusione che ci conduce a perdere quel rapporto affettivo, cardine di crescita individuale e collettiva. Ma l’invito è a partecipare e, anche se la delusione è forte, non è tempo di recriminare ma di riflettere e di reagire a un sistema che già da troppo tempo ci opprime e che non ci porta in nessuna sede a ragionare con serenità.
È da troppo tempo che il confronto ideologico è stato superato dalla rissa che offende chi ne subisce le conseguenze anche solo con l’ascolto.
Se memori di ciò che siamo stati, se crediamo ancora in ciò che la memoria storica del nostro paese conserva, se pensiamo ancora che sia utile un revisionismo, per ridare vita e un respiro nuovo al nostro paese, è tempo di reagire; azione non facile né veloce, ma possibile, se sentiamo la responsabilità del paese, se vogliamo tutelare i nostri giovani.
Dobbiamo avere tutti l’umiltà, coprendoci il capo, di fare un passo indietro, consapevoli del nostro fallimento, e di fare largo ai giovani, perché siano i giovani a condurci in avanti con idee nuove e propulsive di cambiamenti reali contro le caste opprimenti.
Questo è il mio pensiero.

Anna Lanzetta   
 
   08-06-2009
Cara Lidia, care e cari tutte/i,
sono perfettamente d'accordo con la proposta di Lidia di riprendere l'idea di una Tavola di ricerca teorica, alla quale, del resto, già detti il mio assenso quando venne lanciata. Dirò di più: mi sono iscritto alla lista proprio in questa prospettiva, che mi interessa molto, mentre assai meno sono interessato ad uno scambio episodico di opinioni su fatti contingenti, al quale, come avrete forse notato, ho partecipato di rado. In particolare mi interessa assai riflettere sulla variante luxemburghiana del marxismo (della quale, confessando la mia ignoranza, dichiaro di sapere poco o nulla), perché sono convinto che la ricostruzione di una sinistra moderna debba trovare fondamenta in una elaborazione culturale di buon spessore senza della quale ogni tentativo continuerebbe a ridursi a contrapposizioni ed alchimie tra ceti politici e la catastrofe sarebbe perennemente assicurata, come le esperienze di questi anni ci insegnano.
Si tratta, a mio avviso, però non solo di sviluppare una solida riflessione a livelli alti, ma di ricostruire su di essa l'identità di una sinistra nuova. E qui sta un punto assai delicato ed impegnativo sul quale vorrei spendere qualche parola in più.
L'identità non va ricostruita scavando nel sarcofago della memoria; l'identità è qualcosa di dinamico, che muta pur restando se stessa, che si rinnova continuamente, che non è rivolta al passato (anche se lì ha le sue radici) ma è rivolta al futuro. Si tratta inoltre di costruire una identità plurale che non abbia a riferimento solo la contraddizione capitale/lavoro, ma tutte le altre - come all'epoca del MpA dicevamo - che sono presenti nella società e nelle forme nuove che esse sono andate assumendo per i cambiamenti strutturali e sovrastrutturali intervenuti per l'evoluzione del capitalismo ed abbia a riferimento anche gli intrecci e le interazioni tra le diverse contraddizioni. Una identità nella quale si possa quindi riconoscere chi, come me, si dichiara ancora oggi comunista nel senso che intende trasformare lo stato delle cose e punta ad una alternativa al capitalismo, ma anche altri che hanno sensibilità ed orientamenti diversi purché rifiutino in tutto o in parte lo stato attuale delle cose. Altrimenti coaguleremmo energie insufficienti ad incidere nella società e negli equilibri politici e forse neppure tanto creative quanto è necessario.
Mi auguro fortemente che la Tavola prenda vita e sia vigorosa.
Un saluto a tutte e tutti.
Nino Lisi   
 
   08-06-2009
Grazie, Lidia, per la tua presenza e tempestività.
Forse mi sbaglio, ma da questa campagna elettorale ho ricavato la sensazione che l'elettorato è certamente smarrito, nel senso che ha smarrito il valore della democrazia a cominciare dal voto, una parte francamente disgustata e amareggiata, ma non stupida e invece molti e molte con una serena e concreta tenacia che non ricordavo da qualche anno. Penso che si potrebbe ricominciare da una rete di seminari locali, ma non localistici, e su temi che riguardino il raccordo delle tante iniziative di resistenza pratica con un respiro politico abbastanza ampio da pensare l'Italia e l'Europa e il mondo.
Questa risposta è a caldo e poco pensata come un abbraccio a tutte e tutti.
Rosangela Pesenti   
 

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