Antonia Sani. Un non-bianco alla Casa Bianca
 
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   15-11-2008
...ma due Bush, padre e figlio, e due Kennedy fratelli vanno bene? non è un po' patriarcale?
Lidia Menapace   
 
   12-11-2008
Ciao, sono Michelangelo, concordo con tante cose che dici. A me va di aggiungere che Hillary non andava bene in quanto è la moglie di Clinton e così si è presentata una continuazione nella politica in una parola un nepotismo che lì, a differenza di molte altre parti credo se ne sia tenuto conto. Dagli U.S.A. andrebbe preso una sola cosa: ogni candidato non può dopo due mandati essere rieletto. Tutto il resto è bene aspettare l'agire in concreto e i relativi provvedimenti che seguiranno e giudicarli per quelli che saranno.
Intanto godiamo almeno che la nostra destra non abbia potuto esultare e il Venditore di fatto ha perso, nonostante le sue becere barzellette. Nella bacheca del mio Comune ho scritto il Berlusca vuole apparire simpatico ma è soltanto un razzista.
Michelangelo Tumini   
 
   12-11-2008
Cara Patrizia, ho voluto usare l'espressione “non bianco” semplicemente perché il alla Casa Bianca non era mai salito un appartenente a un'etnia non “bianca”; quindi il fatto nuovo, rivoluzionario, sta prima di tutto nell'aver segnato questa rottura.
Il fatto poi che Obama appartenga al gruppo composito degli afroamericani, la comunità più numerosa e di più antico insediamento negli USA, che si tratti di persona con alto livello d'istruzione ha certamente favorito la sua candidatura (e la sua vittoria)
Cari saluti
Antonia Sani   
 
   10-11-2008
Cara Antonia, mi permetto di osservare una cosa che nelle tue riflessioni (che condivido in pieno) mi sembra, per così dire, disarmonica: il titolo. Perché “un non bianco”? Obama è un meticcio, un mulatto, o tout court un nero, e nella sua nomina questo ha contato, proprio come tu giustamente fai notare. Un “non bianco” poteva essere un asiatico, o un nativo americano, ma non sarebbe stata la stessa cosa. Mi sembra che dire “non bianco” ad un nero sia come dire “non vedente” ad un cieco e, quindi, come se il fatto in sé dovesse essere definito con un nome dall'impatto soft, quasi ad aver cura, amorevolmente s'intende, di un possibile disagio del soggetto cui il nome si riferisce.
Io sono contraria a questa forma di galateo linguistico per motivi che, immagino, anche tu condivida e siccome ho deciso da qualche giorno di esternare le mie riflessioni, comincio a farlo così.
Un caro saluto.
Patrizia   
 

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