Marco Cipollini: Il mito della realtà (IV)
 
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   29-08-2008
Caro Cipollini,
non ho ancora finito di leggere tutti i tuoi numerosi contributi a Tellusfolio. Su ognuno di quelli letti dovrei scrivere un commento al superlativo. Ne faccio qui uno solo cumulativo per quelli pubblicati, per quelli che stai scrivendo e per quelli che scriverai.


Seguono un invito, una richiesta:

A Marco Cipollini

In attesa di poter godere di una serata assieme, devo informarti, caro Poeta, della raccomandazione più importante che faccio a quel angelo di mia moglie, Gemma di nome e di fatto: se volesse essere di nuovo con me, in un’altra vita, dovrebbe cercarmi tra i musicisti o tra i poeti, col pallino della scienza. Da uno scritto che gentilmente mi hai inviato, ho tratto alcune affermazioni, tra le più significative, utilizzate nella conferenza per l’assegnazione dell’Asino d’oro a Odifreddi. Quelle affermazioni stanno a dimostrare che il Poeta Cipollini, sulla matematica in particolare e sulla scienza in generale, ha idee più esatte e moderne di qualche neopitagorico, sedicente scienziato che di scienza parla e scrive per sentito dire e, spesso, a vanvera.
Per cui tu, così eclettico, poeta raffinato con la razionalità di uno scienziato serio, potresti dire a tua moglie “Cercami tra gli uomini di scienza, col pallino della poesia e della musica”. E così sarebbe tutto tranquillo. Ma potresti anche dirle di cercarti di nuovo tra i poeti o musicisti col pallino della scienza. In questo caso, per me, sarebbero dolori. Mi metteresti in cattiva luce anzi, mi oscureresti. Allora mettiamo le cose in chiaro per non farmi correre rischi. Io tengo a mia moglie.
Prima di vederci, dovresti decidere se vorrai essere di nuovo Poeta o uomo di scienza. Non vorrei che, optando nuovamente per la poesia, tu ti ritrovassi con due mogli, essendo magari islamizzata la futura Italia e io, a bocca asciutta...

Visto infine che ho scelto di piazzare questo intervento tra i commenti a Eraclitea (splendida), mi permetto di fornirti un esempio "eracliteo pop" di un testo che risente delle difficoltà di adattamento alla musica del Mozart della musica leggera: Lucio Battisti.

Le cose che muoiono

Ma dove sono mai
le onde che a migliaia
lambiron questa baia?
Nei miei ricordi…
Dov’è Nettuno, sai?
D’abissi belli assai
Era il più grande Dio
bellissime sirene
non vi mostrate più
in alcun luogo, mai.
Dove sei… pensieri miei
miei e ormai non ci son più
le sirene e i demoni
per me e per te
I fiocchi che guardai
la neve ed i ghiacciai
migliaia d’anni fa
che fine han fatto

Dove sono le sirene,
per sedurre te e me?
Non vediamo più sirene o Dei attorno a noi:
siamo soli io e te,
due scintille che svaniscono.

Dov’è adesso quella neve
che milioni d’anni fa
ricopriva terre e mari?
Tutto trasformò.
Quanti fiocchi ho visto perdersi…
Quanto fuoco il tempo non c’è più…
Dov’è l’odio che alimentò
ogni guerra, ogni delitto?
Tutto è andato, tutto fu.
Non vediamo più sirene o Dei attorno a noi:
siamo soli io e te,
attaccati ad una favola.
Come l’onda e la neve,
questa fiaba tornerà.
Cercherò di te, quel dì lontano, ancora te.
Quando avrò un’altra chance,
io non cambierò una virgola.
Come all’alba torna il sole,
la tua luce tornerà.
Io ricercherò, un dì lontano, ancora te,
e ti riconoscerò
continuando questa favola.


Paolo Diodati   
 

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