NNI 15. Massimo Campo. Raccontare Cuba parlando di sesso
 
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   02-07-2008
A parte tutto, il libro si legge con leggerezza ed è un bell'affresco di Cuba che consiglio a tutti. I racconti ricordano molto Pedro Juan Gutierrez.

Gordiano Lupi   
 
   17-06-2008
Mi piace come scrive questo tipo.
nadia   
 
   31-05-2008
Caro Esplora, non facevo ironia quando La ho ringraziavo per avermi raccomandato la intervista; lo ho fatto seriamente.
Tornando al tema, se gli «umap» furono almeno 25 mila, più di un quinto del totale dei mobilitati del paese, si poteva non sapere niente? Potevano i cubani non saperne niente? Sarebbe come se in Italia, 130 mila confinati passassero inavvertitamente. Ci crederebbe?
Con rammarico vedo che a Viera dopo avere lasciato Cuba li hanno pubblicati pochi libri; e che, a scapito d’altri eccellenti libri della sua e brillante carriera letteraria «classificarono» quasi per primo «Il cervo ferito»; che, per accentuare l’intenzione, qua fu intitolato «Il lavoro li farà uomini». La manovra non li puzza di niente?
Purtroppo, così funzionano le cose per Cuba: una testimonianza di Viera (o altri pochi), vale più delle testimonianze di mille altri protagonisti delle UMAP.
Cordialmente.

Leonardo Mesa   
 
   31-05-2008
"Ci sono cose che, come Tedeschi e Italiani sotto il nazifascismo, nemmeno i Cubani sotto il castrismo hanno potuto ben conoscere... "

Bisogna voler conoscere.... bisogna voler vedere... però.

Massimo   
 
   31-05-2008
Glielo ripeto, Leonardo: legga il libro di Viera prima di parlare secondo un suo, preordinato, schema.
Ci sono cose che, come Tedeschi e Italiani sotto il nazifascismo, nemmeno i Cubani sotto il castrismo hanno potuto ben conoscere...
(E lo ripeto solo perché vedo che lei ha sete di conoscenza.)
Cordialmente
esplora   
 
   31-05-2008
Esplora, la ringrazio di avermi suggerito l’intervista, non la avevo letta.
Viera manipola (non so se era la sua intenzione) nel modo in che dice venivano internati religiosi, sembrerebbe che tutti religiosi venivano pressi e buttati dentro. La proporzioni di religiosi a Cuba era così alta che sarebbero restati pochi per le unità di combattimento. Manipola pure, quando dice i «reclusi», invece si dire le «reclute».
Sono d’accordo con Viera quando espressa che era «ingiusto che un internato nelle UMAP venisse bollato per sempre come un antisociale». Per il credo popolare, l’essere stato un “umap” era una macchia. A questo contribuì efficacemente la propaganda nemica che faceva di tutto per sottolineare che Cuba era piena di delinquenti, drogati, ubriaconi e omosessuali. Per fortuna, notevoli religiosi, come Jaime Ortega; intellettuali, come Raúl Roa Kourì; e artisti, come Pablo Milanés, tutti appartenenti alle UMAP, aiutarono a fare sparire l’ingiusto pregiudizio.
Il resto dell’intervista conferma quello che ho detto. Viera dice, «quando mi hanno internato (…) non avevo niente contro la Rivoluzione Cubana», a provare che non c’era una motivazione politica ad oltranza.
Esplora,non parlo con «leggerezza» delle UMAP. La essenza di quanto ho detto è confermato dal brillante curriculum di Viera. Pubblicò vari libri e meritò vari premi: il prestigioso premio UNEAC (1976; 1988) e il premio della critica (1983; 1988), il più ambito degli scrittori cubani. Lui dice «ci volevano punire», e io dico strano modo: non si premia a chi si è voluto punire.

Leonardo Mesa   
 
   31-05-2008
Ma vedi... non mi arrogo il primato, nessun primato di conoscenza. Io voglio solo raccontare.

La regola aurea: io sono cubano ed ho più diritto di parlare di Cuba di te... è alquanto discutibile. Ma non la discuto nemmeno, la lascio alla coscienza di chi ci legge.

Io voglio solo raccontare, dicevo. Con umiltà, con tutti i miei limiti.
Sono dotato solo una qualità... una certa onestà intellettuale.
Non ho alcun guadagno a parlare male o parlar bene di Cuba, al contrario di altri. Dei giornalisti di professione, degli infatuati politici, dei reazionari rossi.
Io amo raccontare quello che ho vissuto. Che ho toccato con mano. In questi anni. La dittatura del regime, il fallimento del modello economico, la fine dell'utopia rivoluzionaria.

Lo faccio con la sola forza della mia ragione e col solo mio amore per la cultura cubana, per la gente. A cui auguro maggiore felicità, maggiore libertà e benessere. A cui auguro la democrazia insomma.... e lo faccio con le mie parole. Scrivendo il libro, parlando con gli amici.... raccontando quello che ho vissuto a Cuba.

Senza denigrare artisti che hanno vissuto l'inferno delle carceri cubane, senza giustificare in alcun modo i campi di prigionia castristi... in cui il Che ha dato grande esempio della sua umanità.

Sì, caro amico... sono italiano e parlo di Cuba.

Massimo   
 
   30-05-2008
Massimo, lei si confonde; non giustifico le UMAP, né credo che mio scarso italiano possa avere fatto credere questo. Lo sbaglio delle UMAP fu capito e riconosciuto da tutti, inclusi gli alti dirigenti, per questo motivo furono sciolte, prima di concludere la seconda convocazioni. Per levare qualunque dubbio: le UMAP furono un errore, crasso errore; però le UMAP non furono i campi di concentramento che lei suggerisce.
Di Arenas, non volevo toccare le accuse sessuali e per questo mi sono limitato ad altro. Visto che lei le menziona, vorrei precisare che la accusa non era per violenza sessuale, se non per rapporto sessuale con minorenne; e questa non fu mai ritrattata. Si accertò che fu una relazione consensuale e non violenta, però minorenni, in ogni caso, erano.
Lei è italiano e racconta la Cuba che ha vissuto con i suoi occhi; però secondo lei io, che sono cubano, come racconto Cuba? Con il sedere? Pochi giorni fa ho avuto una discussione con un’amica; mi dice: «sono stata due anni a Cuba e ho parlato con centinai di cubani». Risposi immediatamente «…e io ho vissuto là per trentacinque anni e… secondo te, non ho parlato con i cubani?
Massimo, il peggio è proprio la presunzione. Lei potrà sapere mille di Cuba, io saprò sempre milioni in più; lo stesso succede all’inversa, io potrei sapere mille d’Italia, lei saprà milioni in più. Non lo dimentiche.

Leonardo Mesa   
 
   30-05-2008
Ma infatti. non lo hanno imprigionato perché gay!

Lo ha imprigionato perché spiegava coi suoi libri che Castro era semplicemente un dittatore... allora inventarono una finta violenza sessuale ai danni di 2 ragazzi... poi ritrattata in tribunale.

Non era questo il motivo del mio stupore... ma solo la tua velata difesa degli UMAP.

Massimo   
 
   29-05-2008
Massimo, io non ho conosciuto Arenas, lo ha conosciuto un amico mio gay (esule a Miami) intimo di Arenas. Lo rincontrò dopo alcuni anni proprio nel porto del Mariel. Ho visto alcuni video delle sue interviste. Un’opinione mi sono fatto, però poco importa quale è. Non è m’intenzione denigrare Arenas. Ho un alto rispetto dei defunti (fascio solo eccezione con gli assassini). Intento, invece, smascherare chi l’usa.
Nego categoricamente che la prigionia d’Arenas sia stata perché era gay. Ho scritto: «si può o non essere d’accordo con la punizione», e si vuole precisione li assicuro che sono contrario, tutt’oggi. Non capisco come i banditi delle montagne del Grillo furono liberati dopo il giudizio e Arena finì in carcere? Non lo concepisco.
Dico che la famosa storia del cambio di cognome è una bugia; non dico che renda merito al “regime” o che togli meriti a Arenas. E una buffonata.
Sono contento, quando si scrive su Cuba, indipendente dell’orientamento politico. Sono un accanito lettore dei contrari; però quando sento che scrive qualcuno poco informato o superficiale giudicatore mi metto le mani in testa. Nel suo caso, mi tiro i capelli.

Leonardo Mesa   
 

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