Gaetano Barbella. Sull'intervento di Adele Desideri "È tutta colpa di Peter Pan"
 
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   19-02-2008
Il fanciullo eterno.

Questo post, in realtà, è stato concepito come commento e per questo, per brevità, mi sono limitato a quel che ho esposto sul tema dei giovani d'oggi, effettivamente un po' fuori dal tempo. Ma ora ho l'opportunità di aggiungere ciò che avrei voluto, e che ho sacrificato malvolentieri, per lasciare intravedere il lato promettente a riguardo. È doveroso farlo per la buona pace di tutti.
Sentite cosa ne pensa Teresa Tonna [1], con alcuni stralci tratti da un suo articolo del 2000 sul tema in questione che vedrebbe coinvolto, a sua cagione, il fiabesco Peter Pan. Ma per bocca di questa valente scrittrice c'è da ricredersi sul suo cattivo influsso.

«Peter Pan o fanciullo eterno? La nostra societá si interroga sui giovani che non vogliono crescere e che, come Peter Pan, tendono ad evadere dalla realtà; ma esiste un atteggiamento dell'uomo che conserva l'aspetto positivo della fanciullezza, senza che divenga una fuga dalla realtà. [...]».
Ma di lui «ha parlato Giovanni Pascoli: “Tu sei il fanciullo eterno, che vede tutto con meraviglia,
tutto per la prima volta”.
Chi è il fanciullo? Nel XX secolo, fanciullo è il poeta.
“Perché tu mi dici poeta? / Io non sono un poeta. / Io non sono che un piccolo fanciullo che piange”, scrive Sergio Corazzini. [...].
Il fanciullo ha un rapporto con la realtà fantasioso e immediato, è capace di associare i vari piani, di trascorrere da un regno della natura a un altro, sa che gli animali parlano, la luna ha occhi e bocca, dà un'anima agli oggetti ed è capace di immedesimarsi totalmente nel suo gioco. Il fanciullo sa giocare e non conosce la morte, se non nella sua dimensione di resurrezione. In noi tutti tale fanciullo rimane per tutti la vita e il suo sguardo scopre veritá che all'adulto non è dato di conoscere. Ma noi siamo solo capaci di lasciarlo tacere, anzi spesso di togliergli la parola, perché siamo diventati adulti e razionali e sfidiamo l'esistenza con un'angoscia quotidiana che i secoli che ci hanno preceduto ignoravano. [...].
Se parlasse il nostro fanciullo ci direbbe cose inquietanti e meravigliose. Prima di tutto che il nostro cervello è impazzito e ha travisato tutto, perché gli é stata tolta la possibilità di sognare. Ci direbbe che non di solo pane vive l'uomo, ma di sentimenti, prima di tutto d'amore; che non c'è cosa più bella per un bambino di qualcuno che si occupa di lui, facendolo saltare sulle ginocchia e portandolo a fare una passeggiata in un prato. Ci direbbe che la vita è più sopportabile come fanciulli, perché la cosa più importante è vivere, vivere bene è in pace, vivere in compagnia delle persone che si amano, e il denaro, il potere, il successo non riescono a sconfiggere la morte, ma la morte é invece sconfitta dall'amore e dalla fiducia nella resurrezione.
Ma, chissá, forse qualcosa potrebbe cambiare... chissà che nella nuova era il fanciullo, nauseato da questi adulti incapaci di vivere, impasticcati, affannati e fragili, abbia il coraggio di venir fuori da solo. Magari con una astuzia, segno della sua intelligenza, riuscirà ad avere ragione della loro violenza e a riemergere intatto nella sua eterna bellezza. Teresa Tonna».

Gaetano Barbella

[1] – Teresa Tonna è una psicologa, docente in materie letterarie presso l'Istituto d’istruzione Superiore “C.Tenca” di Milano. L'articolo è stato pubblicato sul Giornale di Brescia, il 18 gennaio 2000.


Gaetano Barbella   
 

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