La poesia di Alivento
 
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   12-06-2007
Non lunga Paola, non per me almeno, questo tuo leggermi anzi mi gratifica.
Dici la paura che la poesia faccia a noi ciò che noi facciamo a lei, e mi ritrovo.
Dici, l'arrendermi alle parole, molto più di quanto vorrei e l'urgenza che ho avuto di trovarle. E mi riconosco.
Quasi tutte queste poesie sono fusioni di parole in atto unico, pochi minuti, pochi ritocchi, io credo che denuncino anche in questo l'urgenza che avevano di emergere, ma non in leggerezza, non per superficialità e nemmeno in compiacimento di lustrini e manierismo, bensì per l'essere state a boccheggiare dentro tutto il tempo richiesto da macerazione o da fermento.
Alivento   
 
   11-06-2007
"perché comunicare qualcosa, fosse anche l’emissione narcisistica e modulata della mia voce, era diventato in un preciso periodo della mia esistenza esattamente esigenza vitale, quasi come nutrirsi, bere oppure dormire."

(uno)
una presentazione che non ha bisogno di nome e cognome
come non ne ha la poesia - i poeti si sentono piccoli
piccoli piccoli piccolissi a volte dietro a quello che scrivono:
dico questo con grande rispetto, mi si intenda, poi parlo per me
e per quelli che conosco che la pensano così.
non credo che usare il proprio nome o un nom de plume
aggiunga o tolga qualcosa alla connotazione specifica
di una certo stile che si fa poi voce riconoscibile tra mille.
dare nome e cognome per chi fa poesia non vuol dire "calare la maschera"
alla poesia.
la poesia come tutta l'arte gode o soffre dei benefici o malefici strumentali
d'espressione che ognuno di noi manipola in quello che crea come più gli si addice
- come meglio riesce poi a identificarsi - in parte - solo in parte.
io vedo chi fa poesia come una cosa che apre un'altra cosa (se stesso) e la scarnifica,
la disossa e non la riempie mai più, fino a renderla irriconoscibile persino a se stesso:
a volte si ha anche paura della propria poesia, si ha paura che essa stessa faccia di noi
quello che di noi facciamo attraverso lei... forse a qualcuno è capitato.
scusate la confusione, la divagazione.
Alivento ascolta le parole chiamarsi
nel loro atto di meraviglia e anche di finitezza di disgregazione
e le prende con urgenza di sentirle parlare.
ascolta le parole e l'urgenza che in lei hanno di trovarsi -
la sua poesia è angoli tagliati d'ombra e di calamite e di bocche/parole autrici a sè che
di se che poi vorrei parlare del demone della poesia.
tralascio per evitare fraintendimenti.
i chiaroscuri di Alivento sono i suoi atti di disvelamento - ascoltarli tra le righe
sono atti di resa molto più di quanto lei vorrebbe arrendersi - a volte -
il significato o il senso quando leggo dei versi lo indosso via via e sono certa
che parte del poeta che li ha scritti - se non tutto il poeta sia ormai molto lontano da lì -
la poesia vive nel suo effetto di vicinanza con il lettore.
sono stata lunga. forse non esaustiva. forse anche teatrale involontariamente.
me ne scuso con Alivento ma ci tenevo a passare qui e rinnovarle la mia stima
e il mio apprezzamento.
paola


cara polvere   
 
   06-06-2007
Ringrazio Stefano del placet sulle zone d'ombra lasciate all'ombra, e Iole dell'incoraggiamento sincero.

Vorrei poter dire qualcosa di più sul percorso, l'unica cosa che mi viene in mente è che mi rendo conto di quello svolto, lo posso raccontare e percepire in pesantezza e tortuosità, quello che mi resta da compiere è invece incerto, nebuloso, potenzialmente infinito o tutto all'opposto suscettibile d'improvvisa fine.

Alivento   
 
   06-06-2007
Conosco da poco tempo Alivento, la sua poesia, il suo modo di ascoltare i testi degli altri autori e di narrare questo ascolto.
Una delle cose che mi ha maggiormente colpita di lei è la sua capacità di comunicazione, di discussione - quel saper mettersi in discussione che è cosa di pochi.
Il suo percorso poetico è sicuramente faticoso e lungo come lo è quello di tutti. Ma lei più di molti, sicuramente più di me, sa restare nello spazio silenzioso, in quel taglio d'ombra che le permette di osservare meglio se stessa e tutto quello che le ruota intorno.

Non trovo le sue poesie senza senso. Anzi, molto più che in altri autori, sento la fatica della ricerca, sia poetica che esistenziale.
E' una poesia legata ad un lirismo più classico, che scala la sonorità della parola, ma che nello stesso tempo cerca una forma più aperta, più sua.
Avanti, quindi, Alivento, il nulla è una forma vuota che non papartiene certo a te :)


iole toini   
 
   06-06-2007
Il senso, infatti, in poesia, è stratificato e mantiene una zona d'ombra, un luogo altro che lo alimenta. sta in questa reciprocità la natura fecondamente ambigua della poesia.

Fai bene dunque a non illuminare quella zona.
gugl   
 
   05-06-2007
Non esattamente Stefano, in alcuni casi è fortemente presente l'intento espresso da Alessandro, comunicare emozioni usando le parole nel loro valore di suono ed evocative di senso, non necessariamente legato al senso dell'intero testo che pure certo c'è sempre; Alessandro non mi segue da moltissimo, i primi tempi mi affannavo a esplicare, specie al caro Arturblord, il senso delle mie poesie in prosa, poi ho capito ch'era inutile anzi deleterio, ch'era preferibile lasciare filtrare il discorso emotivo emozionale che gli altri percepivano d'impatto.
A questo punto mi sembra d'obbligo citare un pensiero del grande T.S.Eliot "la vera poesia può comunicare anche prima d'essere capita" che assolve comunque i miei testi dal presunto difetto di comprensibilità.
Tuttavia dire valido questo discorso del suono - emozione - non senso per ogni mio testo mi sembra riduttivo.
"Sbocco" ad esempio è di un senso così evidente che spiegarlo in prosa è superfluo, salvo che non si voglia analizzare nella molteplicità dei richiami a tema che sono innumerevoli, almeno quanto quelli sul tema dell'amore. Quadro piove è descrittiva, quindi anche qui la comprensibilità è immediata. In definitiva, Alessandro, la mia poesia si chiude al senso quanto più emerge intimamente la necessità di una comunicazione puramente emozionale. Grazie dell'occasione di dialogo.

Grazie anche a Stefano di ogni cosa m'abbia fin qui donata.
Alivento   
 
   05-06-2007
Mi sa, caro alessandro, che Alivento non sarà tanto d'accordo con la tua analisi.
gugl   
 
   05-06-2007
Una lettura personale della tua poesia? perché no!
Personalmente quando inizio a leggere un testo di alivento, vengo dapprima trascinato vorticosamente dalla musicalità del verso, che mi porta alla fine del testo senza aver fatto caso a null'altro. Dopo, rileggendo con calma imposta, l'attenzione è capta dalle singole immagini, spesso ardite (es.: "filtrerà filo a filo mercurio chiodo") ed accostate in modo tale che non sia sempre possibile darvi un significato. Ora, ci si potrebbe chiedere: che poeta è se non si riesce a capire? la risposta è semplice: la poesia di alivento è sostanzialmente asemantica. Non che non ci sa necessariamente un senso, ma esso è sempre sullo sfondo, in secondo piano e non costituisce una parte importante del messaggio della poetessa, che è di tipo emotivo/emozionale. Alivento comunica stati d'animo, dà delle impressioni tramite immagini non sempre collegabili tra loro: penso che sia impossibile ed insensato fare la versione in prosa di un suo testo perché non c'è nulla da spiegare. La poesia di alivento va sussunta ad un livello sensoriale, come un lampo, una scottatura o un'occhiata veloce.
spero di non aver detto troppe baggianate!
ciao,
alessandro
alessandro ghia   
 
   05-06-2007
Raramente mi è successo di emozionarmi per un positivo riscontro dell'autore a un mio commento o recensione. Mi ritrovo dunque a ringraziare io Alivento per le sue parole. Sono contento di aver suscitato le sue ulteriori considerazioni sulla rima, la citazione pertinente di Montale e Rebora, la condivisione del 'confine', non solo per la innegabile reciproca gratificazione ma, sopratutto, per l'apporto alla riflessione altrui. Un caro saluto.
Antonio
Antonio Fiori   
 
   04-06-2007
Tu che commenti la mia poesia, io che commento il tuo commento, Antonio.
Un commento in cui ogni parola sembra star lì al suo posto a dire tanto e in centro al bersaglio.
L'umiltà della presentazione ad esempio, che ho voluta con forza, l'intensità che è cosa che cerco e sempre, nei rapporti umani come nella poesia.
Giocare con le rime senza vergogna, anche questo è un dire apertamente ciò che si legge chiaramente.
E rispondo a mia volta, so bene che la rima è un approccio lingustico facile considerato da molti "datato", oggi si è piuttosto restii a concedersi certi lussi "manieristici", eppure quando penso che Rebora, Montale, tanto per fare i primi nomi che mi vengono in mente, non l'hanno disdegnato

(e mi piace riportare qui in una sorta di digressione:

Corno inglese di Eugenio Montale

Il vento che stasera suona attento
- ricorda un forte scotere di lame -
gli strumenti dei fitti alberi e spazza
l'orizzonte di rame
dove strisce di luce si protendono
come aquiloni al cielo che rimbomba
(Nuvole in viaggio, chiari
reami di lassù! D'alti Eldoradi
malchiuse porte!)
e il mare che scaglia a scaglia,
livido, muta colore
lancia a terra una tromba
di schiume intorte;
il vento che nasce e muore
nell'ora che lenta s'annera
suonasse te pure stasera
scordato strumento,
cuore.

Ed altro e più calzante esempio di Clemente REbora

Dall’imagine tesa

Dall’imagine tesa
vigilo l’istante
con imminenza di attesa -
e non aspetto nessuno:
nell’ombra accesa
spio il campanello
che impercettibile spande
un polline di suono -
e non aspetto nessuno:
fra quattro mura
stupefatte di spazio
più che un deserto
non aspetto nessuno:
ma deve venire,
verrà, se resisto
a sbocciare non visto,
verrà d’improvviso,
quando meno l’avverto:
verrà quasi perdono
di quanto fa morire,
verrà a farmi certo
del suo e mio tesoro,
verrà come ristoro
delle mie e sue pene,
verrà, forse già viene
il suo bisbiglio.)

allora perchè mai dovrei vergognarmi io di saper maneggiare le rime?

Ed infine riporto la parte del tuo commento che più ho apprezzato "poesia che sa di dover giungere e - dover restare, come ogni arte - sulla soglia, al confine fra vita e morte, tra silenzio e parola"
Credo che sia aver detto cosa bella ed alta della mia poesia, credo che sia averla detta Poesia.
Grazie, Antonio.
Alivento   
 

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