Ivana Cenci. Il “Concerto d’Aranjuez” di Joaquín Rodrigo
Nel giorno dedicato alla festa degli innamorati
 
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   27-08-2021
GRAZIE GRAZIE GRAZIE
Barbara Guglielmana   
 
   16-02-2018
grazie gentile Ivana,
una 'introduzione all'ascolto' che rende ancora più miracolosa quest'opera senza pari. l'ascolto da sempre e per sempre e ora ancora di più mi travolge con tutta la sofferenza sublime da cui scaturisce.
maria lanciotti   
 
   16-02-2018
Un grazie profondo, sentito e commosso al Direttore della rivista, per la gradita accoglienza di questo contributo, che tanto a cuore mi stava e mi rimane, e per arrivare al quale sono stati necessari tanti anni di ricerca e lavoro. Dovevo infatti, pur senza averne cognizione razionale, pervenire a un'adeguata dimestichezza con la lingua spagnola, per poter intendere, comprendere, tradurre e sentire intimamente il senso e la profondità di questa musica, che mi toccò in maniera tanto penetrante e sublime fin dal primo ascolto.
La sua indescrivibile seduzione, intrisa di una malinconia tutta particolare, che invita e coinvolge fino a sconvolgere, intuivo già ragazzina, ed ora so per certo, che non poteva e non può essere casuale, tantomeno banale. E infatti, questo è un tipico esempio di musica che non conosce tempo né confini.
Poiché sorge da un'urgenza nella quale, in toto o in parte ci riconosciamo tutti ed è, di fatto, un'invocazione che tutti noi, a voce o nel profondo del nostro essere, almeno una volta abbiamo sentito sorgere e abbiamo, o avremmo desiderato rivolgere a qualcuno più in alto o più potente di noi, affinché portasse consolazione o conforto al nostro sentirci così limitati, così soli e desolatamente impotenti.
Così questo brano, tanto seducente e avvolgente, quanto triste e melanconico, in certi passaggi perfino sconsolato, capace di suscitare ed esaltare un sentimento di sconfinata bellezza, come di evocare abissi profondi e temuti è, di fatto, il grido, la richiesta di aiuto che ogni essere umano rivolgerebbe al cielo, a Dio, alla Vita, all'Universo di cui è parte e in mezzo al quale, quando siamo feriti, avvertiamo la profonda solitudine e ci sentiamo perduti.
Se pervenire a questa consapevolezza e alla sua effettiva accettazione può richiedere un così lungo e impegnativo percorso, posso sicuramente dire che lo sforzo non è stato vano, e che riconoscere con umiltà la nostra condizione di essere umani è il cammino che ci permette di relazionarci con gli altri con attenzione e cura verso noi stessi, e con discernimento, disponibilità e riconoscenza verso gli altri, assaporando la gratitudine per ogni valido approdo.
Grazie, Egregio Direttore, per aver accolto e valorizzato al top il lavoro, in ogni sua valenza e sfumatura.
Ivana Cenci   
 

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