Renato Pierri. Il rito del perdono
 
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   23-11-2010
Salve, ho letto con interesse i vostri ricordi soprattutto perchè sto facendo una ricerca esattamente su queste cose del passato; questo rito esisteva anche da noi (Emilia, non so di dove siete voi), ma madre è stata una delle prime a non volerlo fare ed io ho 50 anni. Se siete a conoscenza di particolari relativi a queste procedure dalle vostre parti, raccoglierei volentieri le testimonianze perchè sono comunque segno di come i tempi sono cambiati. Mi occupo anche di tutto ciò che riguardava l'igiene personale e del concetto di sporco/pulito a livello popolare. Se avete voglia, scrivetemi! :)
cinrus   
 
   28-10-2010
La signora di cui parlo, ha letto l'articolo, e mi scrive ancora, autorizzandomi a pubblicare.

Gentile Signor Pierri, la ringrazio davvero per aver commentato così efficacemente la mia lettera! Ho 55 anni, come le ho detto ne avevo sette alla nascita di mio fratello e sono assolutamente certa che il "rito" di cui parliamo è stato presente nella mia zona di nascita per almeno dieci-quindici anni ancora. Poi non ne ho più sentito parlare, ma non mi sento di escludere che ancor oggi qualche giovane donna vi si assoggetti con minor ..clamore. Chissà quali sarebbero state le mie convinzioni se, come lei dice, fossi stata educata al Dio "Creatore"...Non potrò mai saperlo, né mi sento di avanzare ipotesi al riguardo. Del resto, chi mai avrebbe potuto attuare una simile "educazione"? Avrei potuto arrivarci, forse, da sola ? Non credo, visto che non ci sono arrivata non potendo prescindere dalla mia storia.
Mi domando, e le domando...se Dio esistesse, come evidentemente lei sostiene, che bisogno avrebbe avuto di creare il mondo?
Come sia comparsa la vita sulla terra e perché ci troviamo a questo punto è ancora oggetto di analisi, teorie più o meno suffragate da fatti e ipotesi. Forse, in futuro ne sapremo di più anche se non credo che arriverà il giorno in cui sapremo tutto quello che c'è da sapere. Ipotizzare una "divinità creatrice" è una comoda e comprensibile tentazione che ci consola della nostra finitezza e degli imperfetti mezzi con i quali indaghiamo e operiamo. L'attribuzione di "ateismo" implica comunque la presenza di un "dio" di cui si fà a meno, una sorta di sottrazione di qualcosa. Non mi definisco "atea" per aver avuto un tempo, e a lungo, un dio che mi è stato imposto e che poi ho rifiutato. Dovremmo creare altra terminologia, della quale personalmente non dispongo ancora, per descrivere sinteticamente le persone che come me non sentono il bisogno di una fede irrazionale e allo stesso tempo non vivono un "vuoto" interiore, né perdita di significato. Grazie ancora, Anna Maria Becherini



renato pierri   
 

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