Rosario Amico Roxas: Il Crocifisso come tradizione.
Retro copertina Annuario TELLUS 28
Retro copertina Annuario TELLUS 28 'Cattolicesimo' 
15 Novembre 2009
 

I paladini volontari, schierati con questo Vaticano, ripropongono ossessivamente l’idea di un Crocifisso come motivo dominante di una tradizione, e non si rendono conto di svilire i principi portanti della Fede.

Elemento di una tradizione come l’antica “saga del pesce azzurro” che si pratica nel periodo estivo per attirare turisti; come la “saga del fungo porcino” della Sila; come il Palio di Siena; come la regata storica di Venezia o come il più noto carnevale.

Tradizione che si vorrebbe far risalire e decorrere da quel fatidico giorno nel quale Gesù venne sacrificato, ma così non è.

I primi cristiani non avrebbero mai esaltato la croce, perché punizione per gli schiavi e i servi; ne utilizzarono il simbolo solo intorno al VI secolo, ma senza l’immagine di Cristo; chi avrebbe osato crocifiggere Gesù una seconda volta? Intorno all’anno 1.000 cominciano a comparire affreschi che descrivono una croce, con accanto un agnello sacrificale; più avanti di qualche decennio comparirà l’immagine di Gesù, ma non inchiodato nella croce, bensì accanto alla croce, in abiti splendenti, ma non ancora raffiguranti la Resurrezione, vero simbolo del cristianesimo: l’immagine di un vittorioso che aveva sconfitto la morte.

Due sono i momenti salienti del mistero cristiano: la croce che si assimila all’ultima cena e la Resurrezione che si assimila all’Eucarestia in quella medesima cena che diventerà la prima cena del popolo cristiano.

Fu l’ultima cena ebraica di Gesù e, con l’Eucarestia, la prima cena cristiana.

Fate questo in memoria di me!” fu l’invito rivolto a tutte le genti.

Ma la croce presto acquistò un significato mutevole e, spesso, contraddittorio.

Il monachesimo esaltò la croce penitente, mentre il Vaticano ne fece il simbolo bellicoso delle crociate, quindi il braccio armato della Fede che in nome di Cristo accendeva i roghi dell’Inquisizione.

La persecuzione degli ebrei fu una costante drammatica, che avrà il suo epigono nella “soluzione finale di Hitler”. Gli ebrei vennero indicati  come deicidi e come tali puniti.

Ma un malcelato pudore impediva di ricordare che Gesù era ebreo. I pittori asserviti al potere vaticano dipingevano i loro crocifissi con un pudico drappo sui fianchi; volevano rispettare l’immagine di Gesù e risparmiare l’onta dell’ultima umiliazione, o volevano nascondere quel segno della circoncisione che ricordava al mondo l’origine ebraica di Gesù?

Non c’è risposta plausibile, c’è la certezza storica che la croce divenne simbolo di una vendetta postuma che un ebreo avrebbe consumato contro il suo popolo.

Ci vorrà Giovanni XXIII per dirimere una plurisecolare controversia e cancellare quella condanna al popolo ebraico.

Oggi la medesima croce viene presentata ed esaltata come il fondamento delle radici cristiane, ma limitatamente all’Europa, come se il diritto di amare e credere in Cristo fosse un monopolio di questo occidente, che, pure, si è servito della croce per le più inimmaginabili  crudeltà.

In quella croce c’è un uomo, un ebreo, figlio di Dio, che ha voluto, per sua scelta patire i più drammatici momenti che uomo possa subire, ma per esaltarsi nella Resurrezione, esaltando l’uomo e nell’uomo tutti gli uomini, chiamati dall’insegnamento di Cristo

Ora è diventato un suppellettile da scrivere nell’elenco delle dotazioni di un’aula, oppure un elemento antropologico distintivo di una razza, mortificando e rinnegando lo spirito stesso del sacrificio di Cristo, che nell’ultimo anelito di vita perdonò i suoi carnefici “perché non sanno quello che fanno”.

 

Rosario Amico Roxas

 

 

Pubblichiamo con vero piacere “Il Crocifisso come tradizione” di Rosario Amico Roxas e segnaliamo che è uscito un annuario TELLUS, il 28, “Cattolicesimo” nel 2007, per i tipi della LabosEditrice, dedicato al simbolo della Croce e al Cristo, visti attraverso la poesia e l'arte europea. (Claudio Di Scalzo)


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