Diario di bordo
Vincenzo Donvito. L'arbitro è cornuto per definizione
21 Ottobre 2009
 

A seguire l'editoriale odierno del settimanale dell'Aduc, Avvertenze:



L'arbitro è cornuto per definizione”. Arbitro e corna. Due parole molto diffuse nella nostra cultura, nel nostro quotidiano. Abbiamo anche il capo del Governo che contribuisce a mantenere questa nomea italica nel mondo, materialmente ed umanamente. Arbitro e corna. Parole che quando vengono affiancate determinano la nostra frase:

- cornuto è espressione offensiva, partendo dal presupposto che il tradimento in amore sia tra i massimi sgarri che possano essere fatti tra umani;

- arbitro... senza gli arbitri non si fa nulla? Nelle partite di calcio, non nella vita. Anche se in questi ultimi decenni la “moda” degli arbitri è diffusa: azioni extragiudiziali, conciliazione nelle telecomunicazioni, in banca, etc. Ma le conciliazioni, siccome c'è sempre una parte più forte (l'azienda) e una più debole (l'utente/consumatore), pendono sempre dalla parte del più forte. Con le eccezioni, per carità, ma talmente poche che servono solo a confermare l'andazzo. Parte più forte perché se non accetta di conciliare e teme di essere portata in giudizio, ha dalla sua uno stuolo di avvocati ben pagati contro il cittadino che, almeno per importi non eccedenti i 500 euro, dovrebbe fare da solo.... chi se la sente?

Ecco quindi che è confermato che, per il cittadino utente e consumatore, “l'arbitro è cornuto per definizione”. Serve poco e quindi lo si può svillaneggiare.

Nonostante questo, nel mondo parallelo alla realtà quotidiana di un utente e consumatore, la “moda” dell'arbitro sembra diventata un “virus”: si diffonde a macchia d'olio. Anche con nomi di fantasia che dovrebbero farlo sembrare più cattivo di quello che è: il ministro Renato Brunetta per tirare le orecchie alla pubblica amministrazione e rimetterla in carreggiata, non facendo pagare i danni che ha provocato con le sue sbandate, ha chiamato class action una tipica azione di conciliazione, anche se un po' più spinta. Così in tanti si lavano la coscienza in pubblico e fanno credere di aver facilitato il cittadino. Ma così non è. È solo un'illusione che, quando si manifesta come tale, incattivisce questo cittadino e lo rende ancor più nemico di istituzioni, garanti e legislatori ai vari livelli. È lo sfascismo!

A nostro avviso, per non farsi sopraffare c'è solo un metodo: far sì che nei giudizi in cui ci viene data ragione i rimborsi economici siano molto cospicui; altrettanto cospicue le multe delle varie Autorità per aver violato delle norme. I nostri interlocutori, in clima di sfascio istituzionale e di gara a chi è più arrogante e violento nei confronti dei più deboli, non conoscono altra musica.

Vogliono farci credere di essere parte di una società e di contribuire alla sua stabilizzazione e crescita, ma non è così: fanno solo i loro interessi in dispregio di quelli degli altri, dispregio che è alimento essenziale su cui basano la loro crescita. Questo vale per tutto: dalle banche ai gestori telefonici, dai gestori di servizi di pubblica utilità (acqua, energia) alla scuola.


Vincenzo Donvito, presidente Aduc


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