Marco Cipollini: Habemus poetam ac summum magistratum! - Sul caso Bondi poeta
03 Ottobre 2009
 

Poeta & Politico. I precedenti non sono molti. Forse il più illustre nella lingua del sì, a parte il Dante Priore, fu Lorenzo, Magnifico pure come sonettista (sublime l’ultima produzione); mentre un rimatore scarsino rimane l’imperatore Federico II. E il D’Annunzio fiumano non lo consideriamo? Per il resto i politici, nostrani e non solo, hanno quasi sempre guardato ai poeti come a dei turiferari, e con buone ragioni. Ministro della Cultura del divo Augusto, anche Mecenate scribacchiò dei versi; ma fu riservatissimo. Il nostro Ministro della Cultura Bondi Sandro invece ha fatto il salto e, ahinoi, li ha pubblicati (pure sul sito del Ministero dei beni Culturali, cerca: Le poesie di Bondi). Titolo: Fra le tue braccia (platonicamente riferito all’amatissimo Silvio-rimembri-ancora); editore: Alberti, che già del suddetto ha osato divulgare il libro-intervista Io Berlusconi la Poesia e le donne (n.b., le sole minuscole!), a cura di Claudio Sabelli Fioretti (punto francescani). Bondi ha dedicato i suoi micragnosi inchiostri ad Alda Merini. Si ignora se la sventurata rispose. Per chi volesse farsi un’idea della raccolta, prima di acquistarla, è bene che non si affidi alle note editoriali, di cui peraltro è sempre bene diffidare, ma qui peculiarmente ruffiane (chi lecca il culo a Bondi, lo lecca di striscio anche a Berlusconi: ex chansonnier, con tanto di paglietta). Senza soffermarci su binomi sinonimici ormai standard come “intenso e struggente”, si viene a sapere che trattasi di “un testo appassionato e dolente (direi dolorifico, per il lettore), per scoprire che l’intimità e la sincerità di queste liriche portano Sandro Bondi a essere vicino alla meta più ardua (cfr. il XXXIII del Paradiso) che un poeta possa raggiungere: la semplicità”.

 

Ora, questa della “semplicità” è una delle supreme coglionate escogitate dai cosiddetti critici editoriali nei risvolti dei milioni di libri di pseudoversi editi a pagamento. Se già è da sospettare dell’irrestringibile “M’illumino / d’immenso” del pur grande Ungaretti, qui con i testicoli bondiani, che accenna pro domo sua all’haiku (altra bufala dei nostrani poetastri affetti da stipsi ispirativa), siamo alla frutta. I microtesti di S.B. (la medesima siglia di Silvio Berlusconi) non sono affatto semplici: sono semplicioni, sempliciotti, semplicistici, semplicistitici; ovvero, fiato fritto. Un’offesa al residuale concetto di Poesia. Qualche esempio? “Occhi neri di fuoco / Sguardo di traverso / Lunghe chiome corvine / Furioso abbandono / Indomita intelligenza”. A parte le parrucchesche chiome (messe lì per salvare le apparenze), di chi si tratta? Ma di Silvio, ovviamente; per il quale Bondi ha confessato di esser pronto ad andare in prigione, e pure a dare la vita: c’è una prova d’amore più grande? Altrove la insopportabile paratassi nominale bondiana punta all’ermetico: “Deserta assenza / Arso struggimento / Fonte perenne / Tempo ricongiunto”. Rovente mancanza di carne e successivo congiungimento con liquefazione erotica? Nessuno chieda ulteriori chiarimenti. Testi di fronte alla cui secchezza telegrafica altri quali L’amore spunta sulle colline del Monferrato paiono poematici: “Muta distesa di grano / Un cane abbaia / Lontano /Rombo di una moto / Nella valle / Immota /Grido della civetta / Eco / Della quiete”. Non credo che “Eco della quiete” sia un senhal per Umberto Eco. Allora a quale notturno amore spuntante e collinare si riferisce? È certo una vigorosa monferrina che arriva sparata in motocicletta, contrattata al telefono dal nostro, che bramoso sta in orecchi distinguendo il cane, la civetta… e infine il rombo!

 

Gli va riconosciuto il merito che, quanto a donne (minuscolo), non pésca nell’harem velinistico e ministeriale del NOSTRO (N= M), ma che addirittura menestrella alle avversarie politiche, come Anna Finocchiaro, che sembra però non cedere alle di lui lusinghe e profferte: “Nero sublime [ah, la sua dark lady!] / Lento abbandono [non sta cedendo, non temete] / Violento rosso [un ritorno di fiamma comunista] / Fugace ironia [su Bondi, ovvio] / Bianco madreperla [la dentatura? il vezzo di perle?] / Intrepido mistero [l’autore non si capàcita del mancato apprezzamento della stessa nei suoi riguardi]”. Al confronto i versicoli dedicati a Dalila di Lazzaro e a Susanna Tamaro sono epigrafi cimiteriali: ve li risparmio. Ma non c’è solo l’amore; come può la politica restarne fuori? In puro pidduese è il carme dedicato A Marcello Dell’Utri: “Velata verità / Segreto stupore / Sguardo leggero / Insondabili orizzonti”. Non è un insuperabile ritratto del Mafioso, più icastico di quelli effigiati da Antonello da Messina? A Gianni Letta (altrimenti s’ingelosisce): “Presente d’amore / Cuore del tempo / Consumato / Senza pietà / Morta memoria / Rifugio infedele / Destata dal rimorso / Vita futura / Inganno della mente / Figlia della mancanza / Beatitudine presente”. Ci dev’essere — anzi, c’è senz’altro — un messaggio criptico, un trobar clus massonico… Arguisco dei supposti allentamenti nel rapporto affettivo di Gianni nei riguardi di Silvio-rimembri-ancora, che Sandro, maestro e guida dei Fedeli d’Amore, non tollera… Altro che semplicità! Qui Bondi non è “vicino alla mèta più ardua”, bensì nell’abisso della beata ebetitudine. E allora gli voglio dedicare una poesiola, perché poi mi è simpatico, anche se ha osato scrivere “Vertigini celesti / Sconfinate armonie ecc:” dedicate A Piergiorgio Welby, che la farisaica parte politica, a cui egli carnalmente appartiene, per mero calcolo elettorale lo ha torturato schifosamente. Esimio collega d’inchiostri, accetti questi umili versi:

 

Siccome in italiano fanno onco,

Bondi i suoi versi ha fatto da un esperto

distillare in latino, illustre tronco.

Or suonan bene perché il senso è incerto,

e più al titolo ei gode, che ridice,

Carminativa carmina, felice.

 

 

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