L'ultimo dei milanesi
Milano uccide con l’onda: la Valsassina assassinata
16 Settembre 2009
 

Molti milanesi non più giovanissimi, diciamo sui 40-50 anni, ricordano senz’altro quel signore che, insieme ai suoi tre cani, si aggirava tra il Parco Sempione e il Castello propagando a voce e con scritte sui marciapiedi il suo avvertimento sul fatto che “il clero ti uccide con l’onda”. Quel tizio, che si firmava C.T., si chiamava Carlo Torrisi e se volete lo ritrovate in un corto di Stefano Baldoni del 1990, intitolato appunto Il Vaticano uccide con l’onda.

Quest’estate, andando in Valsassina, mi è tornato in mente. Carina, la Valsassina. Con le sue serie, rocciose Grigne, le sue cascatelle, i suoi campanili, le sue cappellette. La sua storia, perché proprio da Primaluna provenivano i Torriani, primi Signori della Milano post comunale, e della valle fu nominato commissario nientepopodimeno che Leonardo da Vinci, il quale illustrò le due montagne simbolo scrivendo: «Lagrigna è la più alta montagna chabbi questi paesi ede pelata». Sempre da questa zona, poi, filtrarono attraverso la Svizzera le idee di riforma religiosa che misero in difficoltà la Chiesa Romana nel Cinquecento: prego chiedere a Carlo Borromeo.

Carina, la Valsassina. Ma con un difetto fondamentale: trovarsi ad un’ora sola di auto da Milano, dalla nostra città-mostro che nell’ultimo mezzo secolo ha divorato tutte le aree a lei vicine, in un’espansione incontrollata da chi la doveva controllare, che non ha risparmiato niente e nessuno. Neppure lei, la Valsassina, assassinata dall’onda lunga di Milano, come avrebbe detto C.T. La cittadina più importante, ad esempio,vi è annunciata da un… condominio. Certo, voi state percorrendo il fondovalle sulla storica Statale 36, ed è un palazzone che si staglia davanti a Barzio (foto), un paese con molti negozi (perché i milanesi, anche quando sono in vacanza, devono poter consumare), pulito ed ordinato, anche bello in qualche viuzza della parte alta. Ma la cittadina è, soprattutto, il regno della “seconda casa”: praticamente, si è costruito quasi dappertutto. Solo qualche villa si è salvata, preservando il suo giardino, ma per il resto il cemento trionfa. Così come i comuni vicini: Cremeno, Maggio, Moggio (che originalità, ragazzi!)… Gru, scavi, cartelli di vendita: gli uffici immobiliari traboccano di appartamenti da trattare. Certo, forse adesso non si edifica più con quei criteri selvaggi degli anni ’70-’80, con le nefaste tapparelle a deturpare case che si sarebbero potute trovare anche nella periferia milanese. Come quelle che circondano, fino a nasconderla, la storica Torre-Castello di un altro paese della valle, Introbio, dove qualche secolo fa si svolse un’importante battaglia fra locali ed elvetici.

Ma si continua a costruire, campo dopo campo, ex pascolo dopo ex pascolo. Per chi, poi? Per noi milanesi, appunto. Per noi che ci andiamo giusto quel paio di mesi all’anno e che poi le lasciamo desolatamente vuote, magari con il riscaldamento acceso. Per noi, che il fine settimana viviamo in una città così affascinante da essere costretti a fuggirne.

E così, dopo aver deturpato Milano, i milanesi hanno rovinato anche i dintorni. Perché, se ami la vera montagna, cioè se desideri pace e paesaggi incontaminati, vai altrove. Oppure devi salire -da Barzio, per l’appunto- agli oltre duemila metri dei Piani di Bobbio, tramite una funivia mozzafiato che in soli 10’ ti eleva ad un altro -splendido- mondo (nonostante il silenzio sia interrotto dalla fastidiosa musica ad alto volume di un bar-ristorante…). O inerpicarti per qualche sentiero diretto a isolati rifugi, magari evitando quel torrente dalle acque marrone scuro che scorre vicino a Primaluna. Per colpa di una fabbrica, ci dicono, e questo conferma la nostra certezza che la Lombardia, per certi versi, sia ancora ferma (e temiamo lo resti per sempre) ai tempi del boom, dell’inquinamento permesso e giustificato da una certa idea sconsiderata di sviluppo: alla faccia dell’Expo sostenibile.

Povera Primaluna, che da un lato osservi le Grigne e dall’altro sei attraversata pure da un elettrodotto che poi s’intrufola fra i monti. Chissà cosa direbbero i Torriani, che in qualche modo sono rimasti nel paese, come testimonia la scritta di un istituto assistenziale da loro finanziato che compare su una vecchia casa vicino alle scuole elementari. E povera Valsassina, la bellezza che conservi è solo nelle tue inamovibili montagne, così ripide che nessuno è riuscito a costruirvi. Per ora. Salùdi.


Mauro Raimondi


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