Pianeta jazz e satelliti
Dischi per l'estate
04 Settembre 2009
 

Il mese di agosto è sempre avaro di novità discografiche, niente di meglio quindi che ripescare album ascoltati troppo velocemente nei mesi scorsi. Facendo così la mia attenzione alla fine si è focalizzata su due compact di musicisti italiani, che dopo ripetuti ascolti mi hanno pienamente conquistato. Il primo, Out-Vestigation, era uscito addirittura con il numero di gennaio/febbraio di Jazzit. È nominalmente attribuito al Laboratorio Permanente di Ricerca Musicale, ma in realtà si tratta dell'ennesimo splendido progetto di Stefano Battaglia, autore di tutte le musiche, e attorniato da Giulio Corini al contrabbasso, Emanuele Maniscalco alla batteria e da uno straordinario Francesco Bigoni al tenore. La musica è la quintessenza dello stile di Battaglia: un tema dolcissimo che apre e ritorna durante la lunga suite, lasciando poi lo spazio a furibonde improvvisazioni, dove la dolcezza melodica diventa acre scambio di libera espressione, il tutto perfettamente bilanciato e controllato da una intesa notevole tra i quattro musicisti. Impressionante la maturità espressiva raggiunta dal tenore di Bigoni, vero alter ego del pianista, in grado di volare alto e trascinare la materia musicale oltre i confini della routine e del déjà-vu. Stefano Battaglia è un musicista dal tocco straordinario e dalla penna fervida. Sono lontani gli anni in cui l'influenza di Keith Jarrett era preponderante; ormai da lungo tempo i suoi progetti sono di interesse notevole e l'affrancamento dal modello ispiratore è ormai conseguito pienamente. Probabilmente nessuno, in sede di referendum di fine anno, si ricorderà di questo album prodotto dalla Fondazione Siena Jazz ed edito dalla Jazz Engine di Marco Valente, ma se qualcuno rimarrà incuriosito dalle mie parole e cercherà il disco avrà modo, credo, di condividere il mio sincero apprezzamento.



Completamente diverso il progetto di Marco Zurzolo, solitamente ancorato alla tradizione etnica del sud Italia rivisitata con spirito e linguaggio jazzistico. In questo ultimo album, Migranti, il suo sguardo abitualmente concentrato sulle sponde del Mediterraneo, si sposta decisamente verso L'Africa accogliendo musicisti e temi del continente nero. Parrebbe, detto così, un lavoro di collage tra brani tradizionali e dell'una e dell'altra cultura (“A' Fensta”, “Rumba degli scugnizzi”, “I Waja no-no”, “Wua-Wua-je”), invece l'album ha una inaspettata omogeneità ed un significativo percorso logico. Lo straordinario suono del soprano di Zurzolo, così emotivamente personale, fa da trait d'union tra la manciata di temi giocosi e carichi di divertimento e la moltitudine di musicisti ospiti, compreso addirittura un coro di bambini keniani. La musica è sincera, avvincente, con punte di lirismo malinconico e penetrante (“Sull'altra riva”). In questi tempi di respingimenti e disumanizzazione omologata, un bel ascoltare. Come non condividere le belle parole di Giobbe Covatta che scrive le note dell'album: «Come mai questo tizio si preoccupa dell'Africa? Perché non si preoccupano anche gli altri? La risposta è facile: viviamo in un paese dove il valore fondamentale è che ognuno si faccia i fatti propri».


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Roberto dell'Ava


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