Diario di bordo
Maria G. Di Rienzo. 167 dollari al mese
22 Giugno 2009
 

Volete una moglie vietnamita? Vi costerà solo 167 dollari al mese.

E tutto quello di cui avete bisogno è una carta di credito Diners Club. Il prezzo totale della donna è di 8.000 dollari, ma il proprietario dell'agenzia “Vietnam Brides International”, il sig. Mark Lin che è uomo di sicuro buon cuore, ha pensato alle difficoltà dei suoi clienti ed ora accetta pagamenti rateali. In aggiunta alla commissione fissa del 3% a favore del Diners Club, c'è solo un ulteriore 2% di aumento se si salta una scadenza, il che è conveniente e mostra una profonda comprensione umana. Ma la verità è che quando i possessori di carta di credito non pagano è il Diners Club a rivalersi legalmente contro di loro (tre casi lo scorso anno) e Lin non ci perde un centesimo. E spiega: “Non è che andiamo a riprenderci la sposa se un cliente non paga una rata. È una situazione diversa da quella in cui se non veniamo pagati andiamo a riprenderci il prodotto. Non trattiamo le donne come oggetti, si tratta solo di un servizio che offriamo ai clienti”.

Sarà perché il sig. Lin parla mandarino che lui ed io ci capiamo poco.

Interrogato sull'eticità della faccenda, ha infatti risposto: “Noi non diamo giudizi morali. La cosa più importante è che il business è legittimo”. Legalizzeranno pure il traffico di droga, prima o poi, basta aver pazienza. Mi vedo già qualche membro dell'onorata società stringere la mano ad un signore della guerra mentre gli consegna il premio “Imprenditore dell'anno”.

E poi, cosa volete farci, è la loro cultura, sarebbe davvero improprio giudicare chi si sceglie una moglie su un catalogo e la paga e chi quel catalogo gli offre come due schiavisti. Perciò, visto che non si può fare, lo faccio io: le testimonianze sulle vite delle “spose” sono allucinanti per ammontare di umiliazioni e violenze.

Comunque il sig. Lin non è neppure il primo ad avere idee innovative su come si vendono donne, nell'aprile 2007 l'agenzia “Mr. Cupid” ha cominciato ad offrire spose cinesi dietro il pagamento di una caparra di un solo dollaro: il resto dei 6.000 (le cinesi costano meno, forse perché sono di più?) si versa in dieci comode rate mensili. Soddisfatti o rimborsati.

Meno male che nessuno degli “operatori del settore” mi ha detto: «Abbiamo un profondo rispetto per il mondo femminile», il che pone Lin e compagnia mezzo gradino più in alto, sulla scala dell'infamia, di un notissimo politico italiano.

 

Maria G. Di Rienzo

(da Notizie minime della nonviolenza in cammino, 22 giugno 2009)


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