Diario di bordo
Maria G. Di Rienzo. Afghanistan, quello che so
03 Maggio 2009
 

So che più soldati in Afghanistan significheranno ipso facto più afgani morti. Dal 2007 al 2008 c'è stato un aumento del 40% di queste “inevitabili tragedie” o “vittime accidentali” o in qualsiasi altro modo si voglia occultare i cadaveri in un sudario di parole.

So che problemi politici quali il legittimo scontento della popolazione per gli attacchi ai civili, la corruzione del governo Karzai e il sostegno pakistano ai talebani non si risolvono con più guerra.

So che l'aumento di truppe è già avvenuto nel 2007, un incremento del 45%. Nel corso di quell'anno, il numero dei civili uccisi “accidentalmente” è quadruplicato.

So che gli Usa e i loro volonterosi alleati, fra cui il mio paese, stanno spalleggiando un governo impopolare e corrotto. Con l'illusione di combattere al-Qaida e i talebani, si sono portati al potere signori della guerra, trafficanti di droga e miliziani particolarmente brutali. Il 60% del Parlamento afgano è composto da signori della guerra o da persone che hanno legami con essi. Un deputato afgano (Mohammad Mohaqiq) è noto per come, da miliziano, inchiodava alle pareti i suoi prigionieri ancora vivi.

So che le truppe statunitensi ostacolano, anziché favorirli, i soccorsi umanitari. Hanno infatti creato le “squadre provinciali per la ricostruzione”, che annullano la differenza fra operazioni di guerra e aiuti alla popolazione. Le squadre usano l'aiuto umanitario come moneta di scambio per estorcere informazioni ai civili. Se questo dato infame non bastasse, sappiate che metà del paese è inaccessibile agli operatori delle ong e persino a quelli delle Nazioni Unite, e che dal 2005 gli assalti a convogli e volontari sono aumentati del 400%.

So che ogni trenta minuti una donna afgana muore di parto, che una donna afgana su tre ha fatto esperienza di violenza estrema, fisica e sessuale, che tre quarti delle donne afgane sono costrette a matrimoni che non desiderano: e so che non è sempre andata così. La prima Costituzione del paese garantiva suffragio e alcuni diritti alle donne già nel 1923. Durante gli anni '60 e '70 dello scorso secolo la situazione era avanzata, le donne raggiungevano i gradi più alti dell'istruzione, partecipavano al governo della nazione e nessun codice di abbigliamento era in vigore.

So che i diritti umani, e i diritti delle donne sono diritti umani, non sono negoziabili.

 

Maria G. Di Rienzo

(da Notizie minime della nonviolenza in cammino, 3 maggio 2009)


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