Obiettivo educazione
Paolo Brondi: Genitori e figli nel secondo millennio
05 Maggio 2009
 

In che misura, per quali vie, la cultura del nostro tempo influenzi mente e cuore dei giovani, si può capire da messaggi di tal tipo: “…ho paura… paura di ciò che sono,di ciò che inevitabilmente sarò, paura di quella vita così vagheggiata, paura della valle dopo la cima. Cos’e’ il futuro, qual è il mio futuro? Non lo so... non so se e’ colpa di ciò che mi circonda o del mio cuore che e’circondato…” (studentessa liceale di anni 18). L’ansia sottilissima che fa da sfondo a tali parole può derivare anche dalla immensa quantità di dati strutturati che la mente riceve dai vari mondo – geofisico; psicosociale-mediatico, non sempre in armonia fra loro e di cui la cultura è intessuta.

 

La complessità e le contraddizioni di tali mondi incidono sui ruoli genitoriali, creando incertezze e, talvolta, confusioni, pari, qualitativamente, a quelle stesse che vivono gli adolescenti e i giovani nella loro “fatica di crescere”. In questo clima l’educare costituisce un impegno carico d’ansia e conflittualità. Le madri, frequentemente, appaiono sospese e dubbiose su varie modalità educative: permissive/autoritarie/paritarie/autorevoli. Non meno i padri: le loro incertezze possono essere riscontrate in manifestazioni quali: assenza di autorevolezza; carenza di relazionalità; velleità del desiderio di continuità padre- figlio. La mancanza di un codice con cui affrontare il tema dei sentimenti, che da generazioni appartiene alle madri (pur con l’ambivalenza detta); la difficoltà nel riconoscere i segni  dello sviluppo affettivo dei figli; il ritrovarsi spesso in un ruolo rigido e poco esperto ad analizzare gli aspetti emotivi della personalità: sono tutti elementi che tengono i padri lontani dalle quotidiane vicende affettive tipiche dell’adolescenza…

   

In simili contestualità familiari, perdura negli adolescenti e giovani la richiesta di gratificazioni primarie: amore profondo; amicizia autentica e duratura.  Deboli sono le speranze di ottenere una posizione sociale ed economica soddisfacente, o di vivere in una società maggiormente giusta e scarsa appare il loro orientamento ad un’attiva partecipazione alla vita della società. Se poi la quotidianità si fa critica o carente di valori ecco l’originarsi di disarmonie fra razionalità e affettività, con conseguente vulnerabilità psichica, soprattutto a livello di adolescenti in formazione, avvertibile in sensibili mutamenti nella temporalizzazione; nella gestualità manuale, facciale, prossemica: può essere dominante una sola dimensione del tempo, non la totalità; può prevalere la verticalità e non l’orizzontalità, il distanziamento, non l’avvicinamento. Spesso l’identità individuale è minacciata da ipoteche comunicative che possono essere superate da una morale del discorso, o meglio, da un’etica comunicativa. Se la comunicazione è ricca di risposte, di punteggiature, di trasparenza, la relazione è buona! Ma se interviene il silenzio, la battuta, l’aggressività,  la relazione si interrompe! L’ambiente educativo dovrebbe elevarsi ad un sistema aperto, ricco di risorse razionali, socioaffettive, progettuali e quindi premiante la crescita dei figli.

 

All’istituzione famiglia, oltre la precarietà dei tempi e il caos, conviene recuperare il senso suo più profondo che è quello di poggiare non tanto su basi storico-sociali, quanto su un impulso originario e naturale alla reciprocità che è regola indicibile, quasi mistica, d’ogni possibile esperienza.

 

 

 

                                                                    Paolo Brondi

 

 

 


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