Marco Cipollini: A memoria sempiterna del predellino berlusconiano
26 Marzo 2009
 

Il 18 Novembre 2007

 

 

Ei c’è! Qual soprammobile,

ritto sul predellino,

fece un discorso nobile

a un popolo asinino

e proclamò all’attonito

la propria libertà.

 

Lui folgorante in podio

vide il mio genio e rise,

quando nel picciol schermo

con la faccia rifatta,

col parrucchino esiguo,

promise qua e di là

 

che avrebbe la penisola

ridestata e sospinta,

mentre al presente pisola,

e la faccia dipinta

di lui si screpolava

qual cera che si sfa.

 

E al ciel puntando l’indice

proclamò che lui solo,

della Diccì egli vindice,

avrebbe i comunisti

distrutti fino all’ultimo

senza alcuna pietà.

 

E a chi, col ciglio tremulo,

chiese: “perché danzare

ancora su un cadavere?

Son solo quattro gatti,

in fondo folkloristici…

Abbine un po’ pietà.”

 

Silvio col suo terribile

sguardo, scotendo l’unto

parrucchino risibile,

disse: “finché io ci sono,

ci saranno anche loro!

Sennò come si fa?

 

Dov’è il nemico provvido

da sbattere sul grugno

al popolino stolido?

Anzi, una mano diamogli

perché ancora bocchéggino:

un Bertinotti e oplà!”

 

Ei si nomò: due secoli

d’immobile politica

sommessi a lui si volsero,

l’Italia bottegaia

in lui si riconobbe,

che ancor successo avrà.

 

E a governare un cumulo

di nani e di vallette

mise insieme, e nostalgici

rinverginati, e celtici

di verde mascherati,

che ridere si fa

 

il mondo intero; e ancora

ha da venir la comica

finale, quando i tacchi

portati ad astronomica

altezza, il Quirinale

ascendere vorrà.

 

Fu solo boria? Ai posteri-

ori, col buco in mezzo,

la fetida sentenza;

ma intanto, in questo trogolo

si farebbe anche senza

quel paraculo là.

 

                                                                        

Marco Cipollini


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