Carlotta Zanobini: Il bacio primo di Maria Francesca Delmas
Maria Francesca Delmas
Maria Francesca Delmas 
05 Marzo 2009
 

È stato il passato imperfetto a trascendermi nel sogno. Per ricompormi ho dovuto costruirne un altro, presente, in cui l’anima non può essere corrosa dall’acido vivere.

Crescerò in te e tu morirai in me, in libertà, ogni istante sarà fradicio d’Eterno e l’unica paura che conosceremo sarà quella di non essere capaci di viverlo.

Non ci sarà un evento per ogni venuta, nessuna campana avviserà dell’ingresso del carro di Apollo né sentinella gemerà per la caduta di un’altra Euridice nella gola dell’Ade. Semplicemente perché non ci sarà notte che inghiotta luce, né Ade in cui scivolare. Tutto sarà finalmente ripulito dalla melma, come è giusto che sia. Ripartiremo da te, da noi, dal tuo ultimo bacio, primo per me morta, quello che germoglia sulla mia testa, che nel principio fu, e quello, che mentre sfiorisce già era.

Abbiamo invaso un tempo, ormai tra-passato, concentrato di veleno e mazzi d’ossa, multipli disomogenei di compassione e mucchi di disperazione, dove abbiamo confuso l’apparenza con l’essenza e l’appartenenza con la volgarità. Ma per incestuosa casualità torneremo a varcare la soglia dell’Assoluto che ogni spazio renderà privo di logica, ratio e bisogno.

Ci sarà un tempo in cui le viole sbocceranno in inverno e sotto la neve vivranno i ciclamini, in ogni stagione germoglierà grano, e nel ventre di ogni donna ci sarà il seme del suo bambino, i mari prolifereranno di pesci e perle e su nessun strapiombo riecheggerà più il male. Non temeremo giudizio o sentenza, non scandiremo verbi o religioni per attribuirci onori, nessuno uomo lotterà, se non contro sé stesso. In quel medesimo tempo, io non tornerò a essere la tua donna, perché se quell’ultimo bacio mi ha lasciato il dono della veggenza, il primo da morta, in cambio si è preso l’eterno mio corpo e gli inferi hanno raccolto la mia anima per non aver saputo aspettare. Aspettarti. Da allora ho capito il significato della morte, ancestrale vittima del peccato, ora mia dama, regina e salvezza. La purezza delle tue labbra tepide, posate sulla mia capigliatura: marmorea. Bianca e fredda. Di altri echi sono maestre. Le tue lacrime stanno come gocce di mare sulla mia pelle scolpita che né sale né dolore potranno più bagnare. Per questo e per altro ancora dato che con la tua saliva mi hai irrimediabilmente marchiata, non avrei avuto altro modo per viverti, se non quella di uccidermi in te.

 

Carlotta Zanobini


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