Laboratorio
Ricordando con Joyce Lussu la Shoah
30 Gennaio 2009
 

C’è un paio di scarpette rosse

 

C’è un paio di scarpette rosse

Numero ventiquattro

quasi nuove:

sulla suola interna si vede ancora la marca di fabbrica

“Shulze Monaco”

c’è un paio di scarpette rosse

in cima a un mucchio di scarpette infantili

a Buchenwald

più in là c’è un mucchio di riccioli biondi

di ciocche nere e castane

a Buchenwald

servivano a far coperte per i soldati

non si sprecava nulla

e i bimbi li spogliavano e li radevano

prima di spingerli nelle camere a gas

c’è un paio di scarpette rosse

di scarpette rosse per la Domenica

a Buchenwald

erano di un bimbo di tre anni

forse di tre anni e mezzo

chi sa di che colore erano gli occhi

bruciati nei forni

ma il suo pianto lo possiamo immaginare

si sa come piangono i bambini

anche i suoi piedini

li possiamo immaginare

scarpa numero ventiquattro

per l’eternità

perché i piedini dei bambini morti non crescono

c’è un paio di scarpette rosse

a Buchenwald

quasi nuove

perché i piedini dei bambini morti

non consumano le suole.

  

                   Joyce Salvadori Lussu

 

Non c’è strumento più efficace della parola per educare al rispetto di chi non c’è più… A questi bimbi, ai quali accomuniamo nella memoria tutti i bimbi che la guerra e lo sterminio condannano a simile destino, noi regaliamo fiori, perché fiori recisi sono nel momento del trapasso e come fiori devono sbocciare nel ricordo di ognuno di noi per non essere dimenticati.

 

…c’è un paio di scarpette rosse

in cima a un mucchio di scarpette infantili

a Buchenwald

più in là c’è un mucchio di riccioli biondi

di ciocche nere e castane…

La parola, nel suo potere evocativo, rende tangibili le cose, le persone, le situazioni, che nessuno potrà mai  negare.

 

…erano di un bimbo di tre anni

forse di tre anni e mezzo

chi sa di che colore erano gli occhi

bruciati nei forni…

 

…perché i piedini dei bambini morti non crescono…

 

Questa non è invenzione, questa è verità!

 

 

Joyce Salvadori (Gioconda Salvadori), più nota con il nome da sposata di Joyce Lussu (Firenze8 maggio 1912 – Roma4 novembre 1998) è stata una scrittrice, traduttrice e partigiana italiana, medaglia d'argento al valor militare.

- La patria è dove si sta bene, diceva: dove si vive in armonia con i vicini, dove si ritorna volentieri come a casa, ritrovando gli amici. Ma esistere significa anche passare le frontiere e conoscere gli altri, diversi ma simili a noi. "Si ride e si piange tutti nella stessa maniera", soleva dire. L'odio e la violenza nascono dallo sfruttamento, dalla coercizione, dalla rapina del necessario vitale: il cibo, il riposo, l'affettività, il pensiero, la libertà, ugualmente necessari all'uomo e alla donna.

Raccontare era il suo modo di porgere il suo pensiero, perché all'origine di ogni persona e di ogni cosa c'è sempre un racconto.

E noi, continuando il suo pensiero, raccontiamo.

A cura di Anna Lanzetta


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