Bioetica e Vaticano. Il ritorno del “papa re”
12 Dicembre 2008
 

La nuova istruzione vaticana in materia di bioetica, 'Dignitas personae', al di là delle specifiche indicazioni per i credenti, manifestando la propria contrarietà alla diagnosi preimpianto e alla selezione tra embrioni, riporta un'indicazione significativa della politica della Chiesa romana: «Tale discriminazione è immorale e perciò dovrebbe essere considerata giuridicamente inaccettabile». Un passaggio interessante, quello della contiguità peccato e reato, sempre più esplicitato negli ultimi documenti vaticani.

Fino a poco tempo fa il Vaticano si limitava a dettare la linea morale, facendo intendere al legislatore che avrebbe gradito come quella linea divenisse anche regola non solo di vita per i credenti, ma legge per tutti i cittadini. Poi, vista la sempre maggiore disponibilità del legislatore a tradurre in legge i desiderata della Chiesa romana, ha reso più diretta anche la comunicazione.

Nella contrarietà alla depenalizzazione dell'omosessualità in sede Onu, il Vaticano cercava di spiegare i possibili effetti della fine delle discriminazioni per i Paesi che non hanno regolamentato i matrimoni gay, oggi con questo documento si torna al “papa re” e al potere temporale della chiesa: è immorale, è peccato, perciò “deve” essere vietata, deve essere reato.

La responsabilità di questa deriva, ovviamente, è tutta in capo alla classe politica divenuta clericale, perché non più credente nella politica, ma solo nell'affare e nel servilismo.

 

Donatella Poretti


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