Il nostro giardino
I magnifici quindici: come formarsi una biblioteca di cultura locale in quindici volumi
Giovanni Bianchini nel 1992
Giovanni Bianchini nel 1992 
04 Marzo 2006
 

Dall’ottobre del 1975 – da quando ho iniziato il mio lavoro alla Biblioteca Vanoni di Morbegno -, giorno dopo giorno, ho cercato di trovare, raccogliere e catalogare tutto quello che si veniva man mano stampando sulla storia e la cultura della provincia di Sondrio. Libri, opuscoli, articoli e quant’altro. Mi sono impegnato, spesso, a leggerli, talvolta li ho solo sfogliati, altre volte li ho studiati con passione. In trent’anni, comunque, sono molte le pubblicazioni che hanno visto la luce. Tante, forse troppe. Ecco perché ho pensato, alla soglia della pensione (ancora poco più di un anno), di assumermi il rischio di un “pubblico suggerimento”, tutto personale e tutto criticabile, cominciando col segnalare all’attenzione e alla santa pazienza dei miei due lettori (vedi più avanti il colto riferimento manzoniano) quelli che ritengo siano i quindici libri più importanti e significativi apparsi sulla scena della cultura locale, pubblicati dal 1970 in poi.

Sono pienamente consapevole che anche questa, come tutte le scelte, dipende dai gusti e dalle passioni personali. Quindi potrà essere attaccata, demolita, annientata da diversi punti di vista. Ma neppure questo basta a scoraggiarmi di fronte a questa sfida rischiosa, ma stimolante. Uno potrebbe pensare che si tratti di un’operazione che ha preso le mosse da una profonda intuizione filosofica. Ma neanche per sogno! Il la mi è stato dato da un avvenimento assai prosaico. Alcuni mesi fa ho dovuto far ritinteggiare il mio piccolo appartamento. E, come avviene in questi casi, al momento di ricollocare sugli scaffali tutti miei libri, ho dovuto amaramente constatare che mancava parecchio spazio. Che fare? Non c’era alternativa, se non quella di allontanare dalla mia casetta un bel numero di volumi. Ma quali? E soprattutto, con quale criterio? Visto poi che, nella mia biblioteca di casa, la sezione dedicata alla storia e alla cultura del luogo dove vivo (la Bassa Valtellina), era ricca di materiali, quali di questi salvare? Da qui, da questa scelta dettata dalla vile necessità, è partita l’idea di segnalare anche ad altre persone i volumi (quindici in tutto, mi sono imposto questo numero simbolico) che, a mio sindacabile parere, rappresentano proprio per tutti un patrimonio culturale significativo. Libri – riguardanti la Bassa Valtellina, scritti dal 1970 in poi – che dovrebbero essere sempre a disposizione, sullo scaffale della propria biblioteca di casa, per una lettura o per una veloce consultazione.

Se avete avuto la costanza di seguirmi fino a questo punto, permettetemi di abusare ancora un momento della vostra pazienza e di tormentare per qualche riga ancora la vostra curiosità. Quali sarebbero questi “magnifici quindici”?

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Vi par possibile che una persona che risiede a Morbegno da quasi trent’anni, che ama fare lunghe camminate, non abbia mai trovato il tempo o la voglia di vedere la Val Tartano? Lo confesso subito: non ho mai visitato, percorso o visto la Val Tartano, una valle pur tanto vicina al luogo dove vivo. Ma, nonostante questa colpa, la Val Tartano mi pare di conoscerla ugualmente. L’ho incontrata per anni viva nel diario scritto dal parroco di lassù nel corso dei primi decenni del Novecento, pubblicato, a puntate, sul bollettino Comunità Valtartano. L’ho ritrovata negli opuscoli, nei libri e negli articoli che, di tanto in tanto, sono comparsi sulla stampa locale. E poi, in tutti questi anni, mi è capitata la fortuna di conoscere alcune persone ricche di umanità e di profonda cultura (per tutte Giulio Spini e Evaristo Bianchini), originarie proprio di lì. Certo, sono d’accordo con chi mi volesse ugualmente rimproverare la mancata conoscenza diretta di una delle zone più interessanti della Bassa Valtellina. Ma forse, almeno in parte, verrò perdonato dai miei due lettori quando (poveretti!) avranno gustato per intero questo articoletto. Parlo di due, e mi sembra una giusta proporzione nei confronti del nostro grande Alessandro Manzoni che si era spinto ironicamente a immaginarne venticinque per i suoi Promessi Sposi («i miei venticinque lettori» scrive nel primo capitolo del romanzo, subito dopo l’incontro di don Abbondio con i terribili bravi).

È vero, non ho mai messo piede in Val Tartano. Però, come anticipato nelle prime battute di questo articolo, ho letto regolarmente pagine e pagine dedicate a questa valle tanto vicina e, per me, almeno per ora, remota.

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(1 – segue)

Renzo Fallati


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