Peccato, reato e discriminazione: l'ordine Vaticano sull'omosessualità
03 Dicembre 2008
 

Non è casuale il putiferio esploso con le dichiarazioni di monsignor Celestino Migliore sulla proposta di depenalizzazione dell'omosessualità in sede Onu.

Fini ambasciatori di uno Stato come quello del Vaticano non si esprimono con tanta leggerezza, con il rischio di essere male interpretati. Il salto logico, denunciato da molti, della dichiarazione di contrarietà per il rischio di una eventuale campagna nei confronti dei Paesi che non ammettono i matrimoni gay, è un salto in avanti, un mettere le mani avanti e ottenere così una interpretazione autentica e preventiva sulle conseguenze di questa risoluzione delle Nazioni Unite.

Il Vaticano conferma che il peccato dell'omosessualità è bene che in alcuni Paesi resti anche reato, poco importa se questo comporta anche la pena di morte, la priorità è infatti evitare la fine della discriminazione degli omosessuali e la negazione di diritti.

L’art. II 81 della Carta dei diritti fondamentali dell’Unione Europea vieta ogni forma di discriminazione, compresa quella fondata sull’orientamento sessuale.

Il matrimonio, vale la pena ricordarlo, non è un evento naturale, è una invenzione giuridica; del resto, nella monogamia non c’è nulla di naturale. L’amore non può essere regolamentato e disciplinato da una legge di Stato, i contratti tra persone sì.

E allora mentre la nostra Costituzione non esclude una regolazione del matrimonio tra persone del medesimo sesso, questo risulta impossibile per il codice civile del 1942 che, rispondendo probabilmente alle esigenze della società di quel tempo, sicuramente non svolge altrettanta funzione nel nostro.

Con il disegno di legge 594 “Modifiche al codice civile in materia di diritto a contrarre matrimonio” di cui sono la prima firmataria, potrebbero essere apportate modifiche a quegli articoli del codice civile che attualmente impediscono a due persone dello stesso sesso di accedere all'istituto matrimoniale: è bastato sostituire i termini “marito” e “moglie” con “coniugi”.

 

Donatella Poretti

 

 

Con la firma dei senatori Donatella Poretti, Marco Perduca, Roberto Della Seta, Francesca Maria Marinaro, Franca Chiaromonte, Francesco Pardi, a questo link il testo del ddl 594 depositato il 20 maggio al Senato e assegnato alla Commissione Giustizia lo scorso 24 settembre


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