Diario di bordo
Rai e commissione parlamentare di vigilanza. Una beffa in cui controllori e controllati sono gli stessi
14 Novembre 2008
 

Facciamo auguri di buon lavoro al neo-presidente Riccardo Villari (foto), che ha il compito di far sì che la commissione parlamentare di vigilanza svolga la funzione di controllo e indirizzo del sistema pubblico radiotelevisivo. La latitanza di questa funzione è stata molto lunga. I Radicali hanno anche messo in atto un drammatico sciopero della fame e l'occupazione degli uffici della commissione per indurre i presidenti di Camera e Senato a far rispettare le regole. In un certo senso, hanno ottenuto un risultato con questa elezione che è tale pur se anomala nel tradizionale comportamento degli schieramenti in Parlamento, con la maggioranza che da sola vota per un appartenente all'opposizione.

Le esternazioni di dissenso per il metodo sono all'ordine del giorno, con argomenti in cui l'accusa dell'opposizione di dittatura e arroganza verso la maggioranza, sono il minimo.

Noi, cittadini contribuenti, guardiamo dall'esterno il tutto. Non sappiamo, in termini operativi e non di schieramenti e prassi, se sarebbe stato meglio il candidato che l'opposizione ha tenuto in piedi fino all'ultimo, l'on. Leoluca Orlando, o se la maggioranza avrebbe fatto meglio a votare un presidente appartenente al proprio schieramento. Noi osserviamo, prendiamo atto e cerchiamo di capire quali e come sarebbero i benefici per coloro che -un presidente o un altro- dovrebbero in qualche modo fruire dei benefici di questa commissione: cioè se in Rai ci sarà più o meno informazione a cui tutti abbiano accesso e in cui tutte le opinioni e i credi abbiano rappresentazione; ci saranno più o meno “tette e culi”; ci saranno più o meno calcio o altri sport; ci saranno più o meno passatempi, nonché gossip di famosi e non famosi. Tutto comunque condizionato non solo al presidente di turno, ma alle maggioranze di questa commissione che, fatto non secondario, nomina anche quasi tutti i membri del consiglio di amministrazione della Rai.

È bene ricordare che la Rai è quella per cui paghiamo un'imposta (che prendendoci per i fondelli chiamano canone o abbonamento) per il solo fatto di possedere un apparecchio che riceve trasmissioni tv anche se questo apparecchio lo usiamo solo per far vedere i cartoni animati ai nostri bimbi. E questa Rai non solo è amministrata da consiglieri emanazione di questa commissione parlamentare, ma è anche controllata per il rispetto delle sue funzioni dalla medesima commissione. Controllori e controllati medesimi soggetti? Ordinaria amministrazione del nostro scandaloso sistema di controlli. Per cui ci fa sorridere chi, come nell'attuale opposizione parlamentare, contesta che a capo di questa commissione il presidente sia scelto dalla maggioranza di governo: è la commissione in sé che è organizzata in modo conflittuale rispetto alle funzioni che dovrebbe svolgere, indipendentemente da come vengono eletti i suoi membri.

Questi aspetti non marginali riusciamo a coglierli perché, a differenza dei politici che alla fin fine valutano la democrazia solo rispetto ai passaggi dei propri rappresentanti, raccogliamo anche le voci di chi, per esempio, non gradisce che la pubblicità continui ad essere ad un volume più alto delle trasmissioni che vengono interrotte dagli spot, oppure gli viene il fuoco al cervello quando viene a sapere degli sprechi e degli astronomici stipendi di chi lavora in Rai, oppure di chi, con una pensione di meno di 600 euro mensili è obbligato a versare più di 100 euro l'anno alla Rai per vedere magari solo il tg della televisione locale.

A questo aggiungiamo anche che da anni il Parlamento non risponde a interrogazioni parlamentari che chiedono conto dell'omertà istituzionale che consente l'evasione fiscale a milioni di aziende a cui non viene richiesto il pagamento del canone per il possesso di un monitor del computer. Mentre per far pagare la medesima imposta a chi ha un computer in casa, arroganti e maleducati accertatori cercano costantemente di intrufolarsi nelle case dei contribuenti con l'inganno.

In questo contesto, c'è forse un motivo per cui non dovremmo incrementare la campagna per l'abolizione dell'imposta/canone o per invitare i contribuenti a suggellare l'apparecchio tv? No, non c'è e per questo lo facciamo [QUI], e saremmo incoscienti se non ci adoperassimo per far conoscere a chi non è cliente dei partiti come questi ultimi li stanno prendendo in giro con le commissioni di vigilanza e, soprattutto, con un sistema pubblico di informazione radiotelevisiva che, nell'era dell'informazione globale, è anacronistico di per sé e andrebbe solo abolito per liberare energie e libertà nell'informazione e nell'economia.

 

Vincenzo Donvito, presidente Aduc


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