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Paola Mara De Maestri. Forum/ Intervista con Giovanna Mulas 
Donna, scrittrice… ma innanzitutto madre
21 Ottobre 2008
 

Sempre alla ricerca di nuove voci che sappiano dare forma e dimensione alla poesia, ho contattato Giovanna Mulas (www.giovannamulas.it), una delle donne più insigni e rappresentative del panorama letterario contemporaneo, che con grande disponibilità ha accettato di rispondere ad alcune domande per il nostro inserto.

Molti sono i problemi aperti intorno alla poesia ed è interessante indagare cosa ne pensano i grandi, per trovare nuovi orientamenti, ampliare le nostre conoscenze e vedute, cogliere magari qualche consiglio su come muoversi in questo labirinto, intricato mondo delle pubblicazioni.

Ognuno ha un suo modo di descrivere la poesia, di sentirla, di proporla.

Sul prossimo numero presenteremo G. Mulas nella rubrica “Poesia d’autore”. Ora, invece, ascoltiamo la nostra graditissima ospite.

Che cos’è per lei la poesia e cosa rappresenta nella sua vita?

«La poesia nasce con l’uomo e morirà con l’ultimo degli uomini. Non è possibile spiegare la poesia; significherebbe ingabbiarla, circoscriverla, castrarla. La poesia è Animus/Anima; principio del pensiero e principio della vita. Essenza d’uomo».

Quali sono gli autori che predilige?

«Le mie prime letture sono state quelle attinte dalla biblioteca pubblica della zona, le rubate alla libreria paterna e divorate nei silenzi della campagna nuorese o nella semi oscurità della mia camera: Ariosto, Alighieri, il Foscolo, Leopardi. Ancora Omero e poi Goethe, Proust, Wilde, Verga e altri. Da scrittrice, prima ancora che da amica, ho amato e amo la libertà carnale e descrittiva di quel passero inglese che cantava inascoltato; Peter Irwin Russell».

Come ha iniziato a scrivere? Quali sono i messaggi contenuti nei suoi componimenti?

«Dico ciò che sono, ciò che sono scrivo. Come lo scrivo lo lascio giudicare agli altri, senza l’ambizione o la pretesa di lanciare messaggi. Ho cominciato a scrivere racconti e poesie a sette anni e non ho deciso di farlo; è stata la natura a farlo per me. Sono cresciuta in una zona difficile della città (il “Monte Gurtei” a Nuoro, ndr) figlia del mare d’Ogliastra e delle asperità di Jenna de Bentu (lett. Porta del Vento in rif. a Gennargentu; catena montuosa sarda, ndr); di un impiegato delle poste appassionato di classici latini e greci, e di un’infermiera. Ho un fratello di quattro anni più giovane. La psicolabilità di mia madre e il dolore, la rabbia, il desiderio di un’adolescente di migliorare con la conoscenza, di smuovere qualcosa in me e per me, per chi amo. Lo stesso fuoco che ancora oggi, a distanza di trent’anni, mi accompagna».

Siamo in un’epoca nella quale molti scrivono e pochi leggono. Cosa ne pensa di questo fiorire di poeti?

«Per scrivere e regalare emozione tramite le parole occorre farle vibrare, palpitare, saltare, vivere sul foglio. Per scrivere, DonnaScrittrice deve scandagliare il proprio io, viaggiarsi dentro e tentare di risalirne sana prima di viaggiare nelle altrui vite, immedesimandosi in ognuna. Le parole devono muovere le ali e alzarsi, silenti trascinare il lettore – e, prima ancora, la stessa autrice – fino alle cime del pensiero. Ho sempre giudicato il saper scrivere un dono, come il dipingere, il cantare. Anche il saper coltivare degnamente un campo di patate, è un dono. E che sia dono della natura come io credo, o di Dio, o di questa NaturaDio, poco importa; è lapalissiano che questo dono non debba essere penalizzato dall’egoismo dell’autore ma utilizzato con serietà, professionalità, maturità. Non è semplice, e per una donna lo è ancora meno. DonnaScrittrice deve camminare a piedi scalzi, senza scorciatoie di sorta. Senza mai perdere la propria dignità, né la libertà».

Per un autore esordiente è difficile pubblicare con una casa editrice “seria” che garantisca una certa distribuzione. Qual è la sua esperienza in merito?

«Passaggi per l’Anima, datato 1998 e che considero l’inconsapevole antesignano di Lughe de Chelu –e jenna de bentu– (trad. “Luce del cielo – e porta del vento”, 2003, Ed. Bastogi. L’autrice con questo titolo si riferisce alla Luce ritrovata dell’anima, dopo il tunnel infinito dell’OrroreDolore), è stato pubblicato dall’editrice Montedit grazie ad un premio letterario. Accolto tiepidamente dal pubblico, bene dalla critica.

«Il successo di un libro, fortunatamente, non è legato alla casa editrice di produzione; può avvenire a distanza d’anni, inaspettatamente oppure semplicemente come un successo annunciato. Il lettore dev’essere pronto ad accoglierlo; la società stessa, il periodo storico/politico possono decretare il successo immediato di un’opera, rimandarla ai posteri o al mai. E qui entra in scena la sicurezza interiore dell’autore combinata all’umiltà, quel non mollare nonostante le difficoltà ed i rifiuti; fisiologici, inevitabili agli inizi del cammino. Senz’altro tempranti. Se il talento esiste e sposa felicemente altre chiavi lo scrigno, prima o poi, si apre. Fare letteratura non richiede solo il talento, solo la volontà, solo lo studio e la costanza. È tutte queste cose insieme ed è di più ancora: è osare e dannarsi, continuare a battersi per battere quel sentiero nato prima di te e che sai continuerà anche dopo te. È volare lì e tentare di scoprire dove continua. Aintro sa lughe e s’iscuru, nella luce e nell’oscurità. Senza paura di cadere, né di volare».

Anche per quanto riguarda i concorsi letterari molte sono le associazioni che li organizzano, ma perlopiù gravando sull’autore. Lei ha partecipato a numerosi concorsi; qual è la sua opinione?

«Un premio letterario, per quanto importante possa essere, dev’essere semplicemente visto per quello che è: un eventuale trampolino di lancio. Se mancano gli ingredienti principali nell’autore, nessun premio vinto od eventuale basta a sostituirli».

Quali sono i suoi prossimi progetti?

«Attualmente lavoro alla biografia del Generale Angelino Usai, primo storiografo d’Ogliastra. Ho in pubblicazione per l’Istituto Italiano di Cultura il romanzo Mater Doloris col quale sto battendo, contemporaneamente all’uscita in versione cartacea, il web. È giusto che la cultura sia accessibile a tutti, anche a chi non può permettersi l’acquisto dell’opera in libreria. La cultura, la letteratura devono volare e per far sì che questo accada è importante la diffusione dell’opera a tutto tondo.

«Ma ciò ch’è più importante per me è, ora e sempre, l’essere prima che donna e scrittrice una buona madre per i miei figli. Sono loro le chiavi del mio scrigno, il premio più grande».

 

Paola Mara De Maestri

(dalla Bottega letteraria” n. 15'l Gazetin, maggio 2004
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